Omelia (14-04-2013)
don Alberto Brignoli
Tutto da capo!

Si riparte, "...di nuovo...": non potevamo iniziare con un avverbio migliore di questo! E si riparte "...sul mare di Tiberiade...". Si riparte dalla Galilea, si inizia un cammino nuovo, ripartendo da capo, come tre anni prima. E si parte con sette discepoli, il numero della totalità, della perfezione: siamo in una situazione ideale, di perfezione, di completezza. La Chiesa nascente è perfettamente pronta per iniziare una nuova creazione. Il Calvario è già dimenticato, la tomba trovata vuota è cosa ormai certa: cosa resta da fare? Ripartire da capo: tornare alla vita di prima. Tornare a pescare, tornare a fare ciò che si era sempre fatto.
Ecco l'errore: pensare che tutto quello che è stato fatto in tre anni sia stato un bel sogno, una bella avventura terminata, e che ora bisogna ritornare alla dura realtà di sempre. I discepoli non hanno ancora capito che non possono tornare alla vita di prima. Continuano ad attaccarsi morbosamente al loro passato. E non hanno il minimo di personalità: quello che fa uno lo fanno tutti, si muovono in gruppo, per inerzia. Ma il risultato del loro ritorno al passato è che "...in quella notte non presero nulla". Non sanno più fare nemmeno ciò di cui erano ben esperti. E poi, come si può pretendere, nella luce della Pasqua, di fare qualcosa di buono "di notte"?
Difatti, perché succeda qualcosa di buono, bisogna aspettare "quando già era l'alba". Anche se bisogna ammettere che riconoscere il Maestro è un'impresa. Nemmeno a volerlo riescono a riconoscere Gesù, perché lui si presenta a loro in un'altra dimensione, che non è quella dell'uomo vecchio. Occorrono gli occhi della fede. Altrimenti, si è capaci solo di dichiarare la totale disfatta della fede, con un "no" così secco che tradisce l'essere giunti al livello più basso, come per il figliol prodigo di quaresimale memoria, che neppure lui ha più nulla da mangiare, e paradossalmente si trova nella situazione ideale, quella di ricominciare.
E allora, la Nuova Creazione inaugurata dalla Pasqua fa tutto nuovo, e lo fa in abbondanza. Ma non tutti possono capire. Anzi, capisce uno solo. Solo Giovanni, che stava sotto la croce e ha amato fino alla fine, può riconoscere il Signore. La professione di fede non si fa né con la bocca né con la mente, ma con il cuore: solo chi ama sa che Gesù è il Signore. Dopo, e solo dopo, arriva Pietro, che si immerge nell'acqua per farsi battezzare, come i neofiti che entravano nella vasca battesimale cingendosi le vecchie vesti, ed uscivano rinnovati e rivestiti con una tunica bianca. E dopo il Battesimo, ecco il mangiare di Dio con noi, ovvero l'Eucaristia, con parole ("prese il pane e lo diede a loro") che hanno tutto il tono di una preghiera eucaristica. Non c'è storia: come per Tommaso, il Risorto lo riconosci in una comunità che celebra e vive i Sacramenti, nel giorno del Signore.
Questa comunità, la Chiesa, è una rete (simbologia cara alle parabole) che fa giungere ad ogni uomo, con la sua universalità, i benefici della Resurrezione. E che 153 fossero o no le comunità cristiane del tempo di Giovanni, poco importa: nella rete, ci siamo tutti, e questa volta non vengono buttati via nemmeno i pesci cattivi...
Ma c'era ancora un conto in sospeso, dopo la notte del tradimento, e Gesù lo regola a modo suo, ovvero con l'amore. Per tre volte lo aveva negato: ora, per tre volte, Gesù "costringe" Pietro a dirgli che lo ama. E Pietro, alla fine, sembra arrendersi: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene". Una frase che suona come un "non lo so più, Signore. Solo tu lo sai se ti amo o no". Pietro non è più certo di nulla, nemmeno del suo amore per Gesù (vorrei ben vedere, con quello che gli ha fatto...): lascia perciò che sia lui, che sa tutto, a giudicarlo. Il segno della rinnovata fiducia di Gesù a Pietro sta tutto in quel "Pasci le mie pecorelle": è il rinnovamento del Primato (cfr. Mt 16,18-19), ma questa volta più forte, perché passato attraverso il tradimento e il perdono, la morte e la risurrezione.
E a Pietro rinnovato, il Maestro non offre certo un futuro di gloria: il destino del discepolo fedele di Cristo è un altro. L'entusiasmo giovanile, lo sappiamo, ci spinge a correre e ad andare dappertutto. Ma la realtà della sequela di Cristo è ben diversa: prima, si naviga "fino al largo", ma poi la barca serve solo per tirare dentro i remi, e per farsi traghettare verso il martirio e la croce.
Pietro ha finalmente imparato la lezione. La notte della Cena voleva seguire Gesù subito, immediatamente, fino alla morte in croce, ma Gesù spegne il suo ardore, lo invita alla calma, e per farlo zittire gli sbatte in faccia il suo tradimento (cfr Gv 13,36-38). Adesso, e solo adesso, Gesù lo invita a seguirlo: dopo essere passato attraverso il rinnegamento, il pentimento, la croce, l'annuncio della Resurrezione, la corsa alla tomba vuota, il dono dello Spirito Santo e della Pace interiore, il Battesimo nel lago di Tiberiade, la riconciliazione con lui, il rinnovamento della professione di fede, la riconferma del Primato e l'annuncio del futuro martirio.
"Ecco, adesso puoi seguirmi, adesso sei pronto", dice il Signore a Pietro. E lo dice pure a ognuno di noi.
È impensabile seguire Gesù se non accettiamo di caricarci della croce quotidiana della nostra meschinità, del nostro peccato e della coscienza del nostro limite, e poi camminare dietro a lui.
Anche questa è la Vita Nuova in Cristo.