Omelia (13-04-2013)
Riccardo Ripoli
Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento

Vi siete mai ritrovati su una barchetta in mezzo al mare quando il vento cambia direzione, si rafforza ed improvvisamente il mare si ingrossa? A me più di una volta e non è una situazione piacevole. Quando sei a terra e arriva il vento forte al massimo ti può buttare per terra, ma quando sei in mare è tutt'altra cosa. Vedi la tua vita in un attimo, la frenesia di togliere l'acqua dalla barca ti fa inciampare da ogni parte, devi restare freddo e nello stesso tempo senti l'adrenalina che scorre nel sangue, ma devi stare calmo o perdi anche quelle poche possibilità di sopravvivenza.
Oggi apro il giornale e leggo la storia delle due quindicenni che hanno ucciso, l'omicidio di un ragazzo, e di un altro, i politici che litigano, l'economia che va male e ci sarebbe da dire "ok, ho capito, apriamo la finestra e facciamola finita, che razza di mondo è questo". Quando vedevamo gli altri paesi in difficoltà, la gente che moriva di fame in Africa, i bambini che rovistavano nella spazzatura nelle favelas brasiliane, le donne stuprate ed i bambini uccisi in Kosovo non rimanevamo colpiti più di tanto. Indignazione sul momento, ma non credo che nessuno si sia mai strappato i capelli o sia andato nel panico per notizie simili. Eppure chi le ha vissute sulla propria pelle ha sofferto, ha lottato, ha pianto la morte di qualcuno.
Oggi tocca a noi, oggi il vento soffia forte in casa nostra, il mare è agitato, le nostre barchette sono deboli e rischiano di farci annegare. Chi è sulla riva e vede da lontano la forza dirompente del mare assiste come spettatore, ma allo stesso modo di come ci siamo comportati noi in passato verso gli altri paesi, non interviene, non si immedesima in noi.
Così accade quando vediamo un povero, lo osserviamo e altezzosamente andiamo avanti.
La povertà oggi tocca a noi, la violenza per le strade ci attanaglia sempre più, il lavoro non si trova e chi abbiamo chiamato a darci una mano ad uscire dalla crisi litiga anziché rimboccarsi le maniche e togliere l'acqua dalla barca.
I politici di oggi hanno il loro obbiettivo di partito e quello vogliono conseguire, per quello lottano non per l'Italia, non per la gente che muore di fame, non per i bambini che sono in situazioni di sempre maggior disagio.
Nuove elezioni? Per cosa? Per ritrovarci con qualche politico diverso e ricominciare da zero?
Forza signori politici, fateci vedere cosa sapete fare, fateci vedere che il vostro stipendio, pagato da tutti noi, serve a qualcosa. Vi siete riempiti la bocca con la gente che rubava, ma come chiamate il fatto di prendere uno stipendio, e che stipendio, senza lavorare?
Basta con gli interessi di partito, fate l'interesse della gente.
Basta con il reciproco accusarsi di chi sia stata la colpa se abbiamo preso una barchetta piuttosto che un'altra e siamo andati una direzione piuttosto che in un'altra.
Ormai siamo in mezzo al mare, il vento è forte, la barca rischia di rovesciarsi e voi state a litigare per chi debba prendere la gottazza per togliere l'acqua dalle sentine. Ognuno faccia il suo, insieme, perché quando si è in un momento di difficoltà l'unica arma per uscirne è la solidarietà.
Anche voi gente, siate solidali fra voi, accogliete chi ha bisogno di una casa, sfamate chi non mangia, consolate chi ha perso il lavoro.
Solidarietà signori, solidarietà.

Mi sono appena divertito a fare un semplice conto.
945 parlamentari percepiscono 6.000 euro al mese.
Se ogni parlamentare desse un solo mese di stipendio, avremmo tutti i soldi per costruire Casa Zizzi, progetto per accogliere 40 bimbi tra residenziale e diurno, creare aggregazione, dare lavoro a 25 persone, dare una mano all'ambiente con il il riciclo dell'usato per l'autofinanziamento, avere una palestra che serva anche alle scuole dei quartieri vicini, ambienti per iniziative che migliorino la cultura delle persone.
Sarebbero certamente spesi meglio.