Omelia (14-04-2013)
Gaetano Salvati
Commento su Giovanni 21,1-19

Oggi il Risorto si manifesta ai discepoli ed essi lo riconoscono Signore, l'amico capace di accogliere e trasformare le vicende di ansia e di smarrimento in atti di fede e carità.
Come racconta san Giovanni, è Lui che sulle rive del "mare di Tiberiade" (Gv 21,1) va incontro agli apostoli, che forse avevano dimenticato il loro mestiere (v.6), e celebra con essi la riconciliazione, la liturgia d'amore che permette a ciascuno di loro di rinnovare il legame con Gesù; ed Egli rafforza la loro vocazione: "Seguimi" (v.19). Gli apostoli, ora, comprendono che l'Agnello, ucciso per il peccato dell'uomo, è "alla destra di Dio come capo e salvatore" (At 5,31), per convertire la creatura che non conosce il Suo nome. I discepoli hanno compreso l'amore del Crocifisso-Risorto perché hanno fatto esperienza del Suo perdono, e in lui non sono più dispersi ma uniti, raccolti intorno a Lui.
Come loro, anche noi, radunati nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, siamo Chiesa, popolo dell'alleanza nuova nel sangue del Signore, perché ci professiamo bisognosi della Sua Parola, della Sua presenza, della Sua riconciliazione. E saremo sempre più desidorosi di essere ciò per cui siamo stati chiamati se testimonieremo fra di noi e nel mondo il segno dell'unità che lo Spirito attua fra i generati in Cristo. Dunque, solo una Chiesa perdonata è capace pure di perdonare, e condurre i credenti e l'umanità verso la santità, verso Dio. Il segno dell'unità è aderire alla Grazia: accogliere il mistero dell'amore infinito della Trinità nella nostra vita e servire generosamente i fratelli con amore materno e puro. In altre parole, mostrare a tutti il perdono che il Signore ha voluto riversare su tutti. Solo in questo modo la Chiesa percepisce di essere profezia, anticipazione della speranza eterna, testimone della certezza della gloria eterna. Amen.