Omelia (04-04-2004)
mons. Antonio Riboldi
Amore e superbia a confronto

La domenica delle Palme ha, anche per chi fatica ad affidarsi alla fede, divenendo "piccolo", che fa festa a Gesù, un particolare fascino.
Si avvicina la Pasqua, il momento della manifestazione della immensità dell'amore di Dio, che supera ogni fantasia, ed il momento della manifestazione della miseria umana che, quando smarrisce la sua somiglianza con Dio, davvero diventa un inferno spalancato.
Pasqua è davvero il confronto della potenza infernale e dell'amore paradisiaco. Vivremo in questa settimana, l'incredibile confronto con tutto ciò che l'uomo, noi, sappiamo compiere contro l'uomo, che in questo caso è rappresentato proprio dal Figlio dell'Uomo, Gesù, e ciò che Dio sa compiere con l'amore. In apparenza, almeno a prima vista, sembra proprio che l'uomo, la sua violenza, abbia il sopravvento sull'amore. Basta riflettere per un istante sulla "potenza" dell'odio, della violenza, delle guerre, del potere economico: sono le forze di possibile sterminio che si hanno, capaci di sbriciolare non solo ogni uomo, materialmente, ma di annientarlo come dignità, come infelicità, fino alla disperazione, alla umiliazione, la più incredibile. Chi di noi non ha, in qualche modo, fatto prova o subìto questa "potenza", che ci ha come annientato nella fatica quotidiana di sopravvivere, nella nostra fama di figli del Padre, fino a sentire, a volte, sulla nostra dignità passare l'uomo che ti calpesta. "Mi scherniscono - recita oggi il salmo 21- quelli che mi vedono storcono le labbra, scuotono il capo: "Si è affidato a Dio, lui lo scampi: lo liberi se è suo amico".
Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa. Si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, accorri in mio aiuto".
Diciamoci la verità: fa davvero paura questa nostra terra con tutte le sue malvagità. Sai molto bene che se cadi in minima disgrazia, c'è subito chi è pronto a calpestarti, indifferente ai tuoi diritti, alla tua dignità, al tuo bisogno di amore, soprattutto se cadi in disgrazia, alla ricerca di due occhi pietosi capaci di farsi inondare dal tuo errore o dolore per restituirti serenità e dignità. Ma sembra proprio che la pietà non abbia sede tra gli uomini, che preferiscono l'empietà e la violenza.
Tutto questo lo vivremo nella settimana santa, in cui la storia di un Dio, che ci ama fino a vestirsi di tutti i nostri panni sporchi, i più sporchi possibili, come dimostrerà nel disprezzo della flagellazione e crocifissione, per rivestirci della santità nel lavacro del Battesimo, si farà come attuale vittoria dell'amore nella Pasqua della resurrezione.
E canteremo: "Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della Vita era morto, ma ora, vivo, trionfa" (sequenza pasquale).
E come a proclamare solennemente questo amore che conosce la sola forza del dono, del pane che si fa mangiare perché noi abbiamo vita, introduce la festa di oggi: la "festa delle palme". Una festa che sempre, anche nei momenti più truci della storia, quando la passione della umanità sembra toccare i piedi del Calvario, la gente ha vissuto come la festa della pace, la festa dell'amore, la vera festa di uomini creati per essere partecipi della felicità di Dio.
E Gesù, alla Gerusalemme che lo attendeva per distruggerlo, vuole mostrare il volto vero dell'amore per cui Lui si è fatto uomo.
"Andate nel villaggio di fronte, dice ai suoi: entrando troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; sciog1ietelo e portatelo qui. E se qualcuno vi chiederà: "Perché lo sciogliete?", direte: "Il Signore ne ha bisogno"...Lo condussero allora da Gesù e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Partendo da Betfage, presso il monte degli Ulivi, via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era oramai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: "Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!" Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli". Ma Gesù rispose: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre" (Lc.19, 28-40).
E' uno schiaffo ai potenti della terra - e ce ne sono tanti - che credono di costruire la pace per l'uomo, facendo mostra di grande potenza materiale: una potenza che è la più pericolosa esibizione di superbia che porta diritto alla violenza, alla guerra.
Uno schiaffo a quanti di noi credono che la nostra grandezza stia nella esibizione di ricchezza, di onori o di altro. La pace è sempre frutto dell'amore e questo conosce solo la via della umiltà e della povertà di spirito.
Commuove allora vedere il Signore, che ha fatto il cielo e la terra e che poteva passare tra di noi circondato dallo splendore del cielo, passare e stare fra noi nelle vesti di un povero che ha per trono un puledro.
Davanti al suo arrendersi a quanti lo arresteranno nel Getsemani, il giovedì santo, senza la minima resistenza, come fosse "uomo da nulla"; subire il più assurdo processo, vero insulto alla giustizia, perché processo alla innocenza ed alla verità; farsi flagellare ed esporsi al ridicolo della piazza, come fosse il pazzo di turno; non avere vergogna di mostrare la sua debolezza nel salire il Calvario sotto il peso della croce ed avere bisogno di un Cireneo; ed infine venire additato, come l'ultimo degli uomini, sulla croce, inerte, come gli fossero scomparse tutte le divine energie e morire con la sensazione di essere lasciato solo fino a dire la preghiera: "Dio mio perché mi hai abbandonato?", tutto questo davvero è come denudare la nostra superbia e mostrare la vera natura dell'amore, che non ha paura di scendere fino agli ultimi gradini della dignità, per dare quella vita che noi sciupiamo o, molte volte, per ignoranza, copriamo di fango.
Quando capiremo che quel Crocifisso è la nostra storia e la nostra salvezza?
Senza di Lui, la nostra crocifissione sarebbe stata una condanna senza pietà, ancora peggio, un inferno senza ritorno.
E' in questo mistero della passione e crocifissione di Gesù, che si può capire cosa voglia dire essere amati da Dio ed amarci.
Lo capiscono tanti martiri di ieri ed oggi che cantavano andando incontro ai supplizi e vedevano aprirsi il cielo su di loro.
Lo capiva il santo Massimiliano Kolbe nella cella del campo di sterminio di Aushwitz, condannato con altri dieci - per sua scelta, per salvare un altro - che morì lentamente di fame e di sete, pregando con i suoi compagni di morte, giorno e notte, fino a infastidire chi li aveva condannati.
Lo capiscono tanti nostri fratelli che non hanno paura di farsi poveri tra i poveri, sconosciuti al mondo, vestendosi delle loro miserie, per essere un briciolo della gioia di Dio.
Lo capiscono quanti preferiscono nella vita la gioia del cuore alle ambizioni degli uomini ed hanno sete di amore, non di gloria.
Lo capiva Madre Teresa di Calcutta che riteneva gioia spendere la vita per chi non aveva vita e grande onore morire nella melma di Calcutta, tra chi non aveva nome e dignità, per dare loro nome e dignità.
Questa è la storia dell'amore che capirono i discepoli nel vedere Gesù scendere dall'Orto degli Ulivi su un puledro. Questo è il Signore che vorremmo "essere" o incontrare tutti, per farsi suoi discepoli, stendere i nostri mantelli perché su di questi Lui passi, e seguirLo, cantando "Pace".
Questo è il significato che dovremmo dare alla palma, che stringeremo tra le mani: una palma che ci unisce a quanti ancora vedono in Gesù l'amore che salva, ma sacrificando se stessi.
Noi uomini di questo terribile tempo, in cui pare trionfino i tanti crocifissori, sentiamo davvero la necessità che torni ancora tra di noi la tenerezza di un Dio potente nella misericordia e nell'amore.
Saremo capaci di seguirLo? Ci attende questa settimana di Passione, che è un concreto cammino, attraverso i misteri che si celebreranno il Giovedì Santo, il Venerdì santo, fino alla veglia della Pasqua, "giorno del Signore e di quanti risorgono con Lui". Andiamo incontro anche noi al Signore!