Omelia (02-04-2004)
padre Gian Franco Scarpitta
S. Francesco di Paola: convertirsi a partire dall'essenziale

Sebbene non sotto forma di solenne celebrazione a motivo del tempo forte che la Chiesa ci invita ad attraversare, la commemorazione di San Francesco di Paola, in Quaresima, capita proprio a fagiolo visto che sempre di conversione si tratta.
In questo Santo eremita calabrese noi abbiamo l'esempio effettivo di vita orientata verso Dio e di risposta perenne al Suo appello alla riconciliazione con Lui e con i, prossimo.
Ma andiamo con ordine. Come si è detto più volte Quaresima vuol dire penitenza-conversione in un duplice senso: 1) Dio non abbandona l'uomo peccatore e lo chiama alla comunione con sé in virtù del Suo amore e della sua misericordia; 2) L'uomo, una volta presa coscienza della volontà divina a che tutti noi si torni a sperimentare il Suo amore dopo la disfatta del peccato, aderisce a questo divino appello incamminandosi in un progressivo itinerario di trasformazione radicale della propria persona, di convinzione del divino e della necessità del ritorno al Signore che lo chiama.
Primo protagonista della conversione-penitenza è quindi Dio, mentre l'uomo non fa' che aderire alla divina chiamata.

Ma abbiamo parlato di trasformazione. Si, perché quando l'uomo, scopertosi peccatore, progetta il suo ritorno a Dio, si converte nel senso che si trasforma radicalmente in quello che più è essenziale.
Per meglio spiegarci diremo innanzitutto che conversione deriva dal termine greco "metanoia" (da cui anche metamorfosi) per il quale avviene la trasformazione di una cosa in un'altra come nel caso di una lucertola che cambia repentinamente il colore della pelle o un bruco che diventa farfalla. Appunto: metamorfosi, cioè trasformazione radicale a partire da quello che NELLA LINEA ESSENZIALE caratterizza una determinata realtà o entità.
Ora, che cosa caratterizza essenzialmente l'uomo se non la razionalità, l'intelligenza, la cultura e la mentalità? Non è forse a partire dalle convinzioni mentali che si fomentano le azioni? Non avviene forse in virtù di una certa cultura o modalità di pensiero distorte che serpeggiano nel mondo atti criminosi di sangue a carattere terroristico o belligerante? Fino a quando non cambierà la mentalità dell'uomo e non avremo realizzato la trasformazione della nostra impostazione culturale di fondo, le malvagità e le perversioni continueranno a suscitare tensioni nel mondo. Ebbene, per questo motivo la Scrittura impone la conversione come trasformazione radicale del pensiero e della mentalità, affinché ci si convinca anzitutto concettualmente dello stato di meschinità, precarietà e miseria morale in cui si trova a vivere l'uomo, della fallacia dei progetti e delle aspirazioni puramente mondane e della ricchezza e possibilità di realizzazione nella vita secondo Dio.
Se non si opera nella profondità la trasformazione della mente e del cuore difficilmente potremmo avere i frutti evidenti, in altri termini difficilmente l'uomo esternerà le "azioni" di bene. Non per niente Gesù parla di "frutti degni di penitenza: Frutti che presuppongono un cambiamento radicale di mente, cuore, costumi.

Ma come dicevamo all'inizio, San Francesco di Paola di tutto questo è sempre stato assertore, non già nella molteplicità dei sottili ed elucubrati discorsi intellettualistici (non era colto) bensì nella semplicità e innocenza della sua vita. In una con testualità epocale frenetica e in preda ai vizi e alla lussuria che imperversavano perfino nella Chiesa interessando eminenti e autorevoli personalità, nonché nella dimensione storia delle guerre intestine fra i vari regni di Italia, egli sceglie la solitudine e l'abbandono di una grotta: abbandonata la famiglia, infatti, da adolescente intraprende il deserto e la solitudine presso uno sperduto speco in solitari siti silvestri alle porte di Paola, in Calabria. Qui non fa altro che reagire alla perversità del mondo e del consorzio di corruzione e malvagità attraverso la riscoperta di se stesso in rapporto a Dio: l'incontaminatezza dei luoghi che lo circondano, la rudezza e l'inospitalità delle pietre che lo ospitano, l'asprezza e la selvaticità della vegetazione che costituisce pressocché il suo perenne alimento... tutto questo lo convincono della sua nullità di fronte all'Artefice del creato, rendendolo persuaso che davvero "l'uomo è come l'erba, come il fiore del campo..." ma ciò nondimeno tutti noi si è oggetto dell'amore di Dio. Tu sei nulla; Dio è tutto, ma Dio ti ama: ecco il messaggio da lui percepito. Quindi si convince che l'unica possibilità di risposta alle reali istanze del mondo risiede nella conversione, cioè nel radicale convincimento di Dio e nel ritorno radicale a lui. Tutto questo Francesco vivrà infatti nella dimensione del secolo, una volta abbandonato lo speco per rientrare nel mondo; la parola "carità" sarà l'elemento motore che caratterizzerà ogni sua parola o azione, ma chiunque lo incontrerà sia pure per poco avrà la possibilità di comprendere che si tratta di carità non filantropica ma di natura divina, ossia dello stesso amore con cui Dio ama gli uomini. La sua lotta per la giustizia e per la pace anche sfidando alla corte il re di Napoli che vuole corromperlo con un dono sostanzioso in oro, rievocano la necessità della giustizia secondo la volontà di Dio, mentre il grande miracolo da lui compiuto di convincere il re di Francia Luigi XI ad accettare serenamente e santamente il trapasso affermano che se si è convertiti neppure la morte ci recherà terrore.
Penitenza è altresì il carisma perpetrato da Francesco anche nella fondazione dell'Ordine degli Eremiti che diventeranno poi i Minimi e vivranno le varie dimensioni dell'apostolato; ma è il carisma che oggi si rivela quanto mai urgente avendo noi sotto gli occhi lo scenario di un'epoca che trova nei conflitti il criterio di convivenza e la soluzione dei suoi problemi.