Omelia (04-04-2004)
don Fulvio Bertellini
In mezzo ai criminali

L'orizzonte del Regno

"Io preparo per voi un Regno, come il Padre l'ha preparato per me...": la Passione di Luca si svolge nell'orizzonte complessivo del Regno di Dio che è destinato a compiersi. Gesù non berrà più del "frutto della vite", e non celebrerà più la Pasqua, finché essa "non si compia nel Regno di Dio". E i discepoli sono chiamati a condividere la gioia e la festa di quel regno, in cui "sederanno in trono e giudicheranno le dodici tribù di Israele". Gesù sa che deve patire, che deve passare per la sofferenza, ma tutto avviene sotto il segno della speranza: il racconto della Passione comincia con il racconto della festa di Pasqua, e attende di sfociare in una nuova festa, anche se il compimento è qualcosa di imprevedibile: il malfattore, con un sussulto di fede, si rivolge a Gesù chiedendogli di "ricordarsi di lui nel suo Regno". E Gesù promette: "oggi sarai con me nel Paradiso". Nell'ora più tragica, l'attesa del Regno di Dio illumina le situazioni più oscure, e Gesù si rivela autenticamente re. Non il re politico, che i capi dipingono a Pilato. Non il re di burla, che Pilato crede di eliminare. Ma il re che si mette al servizio dei suoi sudditi, rovesciando ogni consuetudine umana

Avete perseverato con me...

La Passione di Luca ha un occhio di riguardo per i discepoli. E' più indulgente degli altri Vangeli sulla loro defezione. E' più incline a mostrare come il discepolo possa partecipare in qualche modo alla croce del Maestro: "Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua". L'ultima cena si apre con un riconoscimento sorprendente della perseveranza dei discepoli: ma il suo significato viene chiarito dal dialogo successivo tra Gesù e Pietro. Gesù dice a Pietro di aver pregato per lui; Pietro mette in campo la sua disponibilità alla prigione e alla morte. Pietro pensa di poter essere perseverante di propria iniziativa, di poter vantare una sua coerenza e di poterla garantire anche per il futuro. Gesù rivela a Pietro - e indirettamente agli altri discepoli - che la sua perseveranza è frutto della preghiera di Gesù: Pietro da solo non è in grado di dare la vita per il Maestro, e i discepoli da soli non sono in grado di resistere nell'ora della prova, o della tentazione (il termine greco è lo stesso).

L'ora della tentazione

Luca sottolinea il legame tra Passione e tentazioni: il diavolo, che si era allontanato per tornare al tempo fissato, ora torna, sia per "vagliare Pietro come il grano", sia per mettere in discussione la messianicità di Gesù, con lo stesso stile delle tentazioni nel deserto: "Se tu sei il Re dei Giudei, salva te stesso". Di fronte alla prova, Gesù è solo. I discepoli restano lontani da lui. Un angelo dal cielo appare a consolarlo, ma non i discepoli gli restano vicini. La scena è tuttavia molto diversa da quella di Marco, in cui per tre volte Gesù va a risvegliarli, e alla fine afferma, sconsolato "Dormite ormai e riposatevi": in Luca si ripete una seconda volta: "Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione", e si lascia aperto l'esito delle parole di Gesù. Né si dice che i discepoli siano scappati. L'evangelista vuole insistere sulla possibilità che ciascuno di noi ha di poter resistere alla tentazione, alla prova, per restare accanto a Gesù. Una possibilità che non deriva dalla nostra personale coerenza, ma dalla sua stessa Passione: è lui che prega per noi, è lui che dà incarico a qualcuno di essere testimone per "confermare la nostra fede".

Fu annoverato tra i gli empi

Una parola deve compiersi per Gesù: "fu annoverato tra gli empi". Il testo completo di Isaia 53,12 aggiunge "ha portato il peccato di molti e fu consegnato per i loro peccati". Sembra strano che l'evangelista non faccia riferimento esplicito a questa parte del versetto. Più che sottolineare che Gesù ha portato i nostri peccati, mette in evidenza che "fu annoverato tra gli empi". Viene arrestato, viene portato davanti al tribunale, viene percosso come un criminale, infine viene crocifisso tra due malfattori. Nella Passione non si parla di peccato. A dire il vero, il dato interessante è che nel Vangelo di Luca il termine "peccato" compare sempre e solo associato al termine "remissione, perdono". Nella Passione abbiamo solo la frase "Padre, perdona loro...". Solo il perdono viene nominato. E Gesù perdona proprio salendo sulla croce, come un malfattore, e andando a cercare il peccatore nel più profondo della sua perdizione. Sulla croce il brigante, forse un assassino, un killer, un violento, vedendosi accanto Gesù, trova fiducia in lui. E riceve la promessa del paradiso.

Il confine tra empi e discepoli

Il confine tra empio, malfattore, peccatore e discepolo si assottiglia. Il malvivente entra nella schiera di coloro che partecipano alla Passione: le donne di Gerusalemme, Simone di Cirene, il centurione romano, le donne che assistono da lontano, Giuseppe di Arimatea... mentre Pietro scopre che senza la grazia di Cristo anche lui, quasi senza accorgersene, entra nella schiera dei rinnegatori. E lo stesso è per noi. Leggendo, ascoltando questa Passione, scopriamo di essere parte della scena. Non sappiamo bene se come empi o come discepoli. Ma sappiamo che come discepoli, è Gesù che prega per noi e ci conferma nella fede. Come empi, peccatori, incapaci di resistere alla tentazione, Gesù ci viene a cercare. Nel più profondo della nostra perdizione. Per risollevarci e invitarci a far festa nel suo Regno.


Flash sulla I lettura

"Ogni mattina fa attento il mio orecchio...": il personaggio misterioso che appare in scena, convenzionalmente definito il "servo del Signore", si presenta come un discepolo, uno che impara, che ha appreso una lezione. Tutto nasce dall'ascolto della Parola di Dio.
"... non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro": l'ascolto diventa sempre più partecipazione diretta, personale, che cattura e di fronte a cui diventa difficile tirarsi indietro: chi comincia a lasciarsi coinvolgere dalla passione per il Regno, si ritroverà presto coinvolto anche nella Passione di Cristo, intesa come "amore che sa soffrire".
"Ho presentato il dorso ai flagellatori...": dall'ascolto, al coinvolgimento, al patire sulla propria pelle. Il percorso è completo. Ma noi a che punto siamo? Accettiamo di compiere questo cammino, o ci tiriamo indietro?

Flash sulla II lettura

"Per questo Dio l'ha esaltato": la Passione sfocia sempre nella Risurrezione. Non dobbiamo dimenticarlo. Anche il Venerdì Santo, noi celebriamo il Risorto, presente in mezzo a noi, che ci concede di fare memoria viva della sua Passione, per poter poi sperimentare anche la potenza della sua risurrezione. Anche la Domenica delle Palme, la lettura della Passione è già memoria e annuncio del Risorto. C'è un modo incompleto di soffermarsi sulla morte di Cristo, vedendola solo in senso consolatorio: c'è qualcuno che soffre con noi. C'è un modo profondo di meditare sulla Passione: lasciando che entri in profondità nella nostra vita. Lottando, come Gesù nel Getsemani. E allora sperimentiamo tutta la forza di quel suo condividere il nostro dolore, e potremo sperimentare anche tutta la forza della sua risurrezione.