Omelia (23-04-2013)
Riccardo Ripoli
Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute

Dare la vita per una persona, per un figlio, per la moglie, per il marito, per i propri genitori.
Questa frase richiama alla mente l'estremo sacrificio: morire al posto di qualcuno. Gettarsi in acqua per salvare chi sta annegando, proporsi per la fucilazione al posto di un altro, scagliarsi contro l'assassino per far fuggire la vita designata.
Sono atti estremi, di grande eroismo, ma che accadono raramente, eppure ogni giorno c'è chi da la vita per gli altri, il dono piccolo, silenzioso quotidiano, una lacrima di linfa vitale ogni giorno. Provate a mettere in un bicchiere una goccia d'acqua, una sola. Chi passerà e vedrà quella coppa non si accorgerà di quella minuscola quantità di acqua. Il giorno dopo aggiungetene un'altra, e poi un'altra ancora il dì seguente, e così via. Dopo un anno ci sarà una buona quantità di liquido che chiunque potrà vedere, sarà sotto gli occhi di tutti, ma nessuno potrà mai dire quante lacrime ci siano dentro, quanto sacrificio in quel bicchiere per far crescere un figlio. E mentre sei lì che ancora continui a donare la tua vita, che fai progetti sul bicchiere quando sarà pieno, arriva qualcuno che lo beve in un sol sorso, senza centellinarlo, senza assaporarlo. Il nome di colui che beve può essere "droga", oppure "sbando", ma anche "fidanzato o fidanzata". Non è sbagliato, fa parte della libertà che lasciamo ai figli, vi inseriamo la nostra linfa vitale, con sacrificio, giorno dopo giorno, privandoci di tutto per donare loro valori, educazione, principi, cultura. Quelle gocce, che sono diventate una gustosa bevanda dissetante, vogliono uscire dal bicchiere, farsi assaporare da altri, una forza che i nostri figli vogliono giustamente condividere con coloro che, per brevi o lunghi tratti, saranno compagni di vita.
Ci sono figli che pur dandosi agli altri restano legati alla famiglia, ne condividono gioie e dolori, discutono e magari litigano per riconquistare un rapporto bruscamente interrotto perché sono grati a chi ha dato loro la linfa vitale che oggi li vede uomini e donne rispettati ed amati. Altri che purtroppo covano sotto la cenere odi e rancori, ingigantiscono i no vedendoli come gravi limitazioni alla loro vita sociale, che si fidano di chiunque fa loro un sorriso, e si dimenticano di chi li ha accolti, amati, sostenuti, consolati vedendo nel prossimo, in chiunque, la via di fuga per la salvezza eterna, per il compimento della loro vita di adulti.
La differenza sta nel dialogo. Chi parla, si confronta ed anche litiga aggiunge valore e sapore a quella bevanda che tutti, genitori, insegnanti, allenatori, amici hanno contribuito a confezionare. Ma chi non dialoga, chi costruisce i propri castelli in aria ed autonomamente prende le proprie decisioni senza parlarne rischia di ritrovarsi lontano dall'amore e di ritrovarsi solo a piangere per aver sprecato la propria vita, incapace di tornare sui propri passi per l'incapacità di chiedere scusa ed affrontare una discussione che possa essere costruttiva.