Omelia (27-04-2013)
Riccardo Ripoli
Chi crede in me, compirà le opere che io compio

Da bambini leggiamo un libro sui pirati e subito fantastichiamo di essere il terrore dei sette mari, sfogliamo le pagine dei tre moschettieri e ci ritroviamo a sventolare un bastone credendolo una spada con la quale sconfiggere i cattivi. Da grandi ci immedesimiamo in artisti di successo, grandi imprenditori, chirurghi di fama mondiale o premi nobel. Ci vediamo nei panni di questo o quello e ci caliamo nella parte sognando grandi successi. Come sarebbe bello se i nostri figli si calassero nei panni di Gesù. Credere o non credere non è importante per calcare le orme di questo grande uomo che ha fatto grandi prodigi, ha amato anche chi lo perseguitava, ha insegnato la non violenza, il perdono, l'amore verso il prossimo, la solidarietà, l'attaccamento ai bambini e ai più deboli.
Che bello cercare nella nostra vita di assomigliare a Gesù.
Credere in Lui, credere nelle sue opere, credere nei suoi insegnamenti e cercare di imitare le opere da Lui compiute migliorerebbe il mondo, anche senza necessariamente credere che sia il figlio di Dio.
Quando un bambino arriva in affido o in adozione non conosce il luogo dove è stato inserito, non conosce valori e principio che animano quella famiglia e tanto meno conosce le persone che lo hanno accolto. Pian piano li studia, li apprezza, li accetta e nasce così la fiducia in loro. Il bambino è portato ad imitare i loro gesti, adeguarsi alle loro abitudini, cominciare a ragionare come loro.
Così dovrebbe essere per noi. Siamo figli di Dio e come tali dovremmo guardare al Signore, imitarlo, fare nostri i suoi principi e riproporli ad altri.
Se facessimo così, credenti e non credenti, costruiremmo un mondo migliore, fatto di amore, perdono, pace, altruismo.