Omelia (08-04-2004) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Contemplare l'Istituzione Parlare dell'Eucarestia potrebbe essere facile in tutte le circostanze dell'anno liturgico, ma non quando si tratti di riflettere intorno alla sua istituzione, avvenuta in quella stanza al piano superiore arredata appositamente più di duemila anni or sono. In questa occasione infatti la nostra attenzione non può che essere di carattere contemplativo e quello che ci viene chiesto, almeno negli ideali, è di immedesimarci sui luoghi, gli ambienti, le situazioni del momento e soprattutto sul clima di paura e di angoscia che imperversava sui volti del Signore e degli apostoli riuniti a tavola mentre consumavano il lauto pasto oppressi però dallo sgomento in vista della terrificante prospettiva della cruenta dipartita del loro Signore; contemplare quindi quegli avvenimenti come se vi stessimo in mezzo in questo momento e soprattutto come se davvero anche noi ne fossimo interessati. Specialmente poi interessante è immedesimarci sulla scena della frazione del pane e del passaggio del calice ( se di quello all'epoca si trattava) di mano in mano e di bocca in bocca.... "Prendete e mangiatene tutti... Questo è il mio corpo... Questo è il mio Sangue..." Sono espressioni che cambieranno la storia dell'umanità e incideranno moltissimo sulla formazione dei futuri seguaci di Cristo. In primo luogo perché abbiamo la certezza che è proprio lo stesso Signore che intende presenziare nelle sembianze del pane e del vino in mezzo ai suoi discepoli. E perché? Semplicemente per rinvigorire l'uomo con la Sua presenza effettiva, che è la medesima di quando predicava per la Galilea e per la Giudea con la sola differenza che ora entra in noi e ci fa compagnia addirittura rendendosi cibo, alimento... La cosa è certa: quello che Gesù presenta sotto forma di pane e di vino è il Suo Corpo e il suo Sangue, ed allusive a questa certezza sono le parole: "Questo E' il mio Corpo... E' il mio Sangue" con quella copula "E'" che nel testo greco suona categoricamente estìn e quindi sottende che... non "sembra" ma E' davvero il Corpo/Sangue di Cristo; le medesime parole verranno rievocate da San Paolo mentre si rivolge ai Corinzi: "Vi trasmetto quello che a mia volta ho ricevuto... il Signore prese il pane... Questo è il mio Corpo che è per voi..." e nel Vangelo di Giovanni vengono relazionate al discorso "del pane della vita" nel quale Cristo viene a proporcisi come inevitabile e necessario alimento. Quindi non si può dubitare che, sia pure sotto la forma del Mistero, Cristo sia presente nel pane e nel vino e che il suo esserci è relazionato alla nostra edificazione e santificazione; con la grazia che proviene dal Sacramento per eccellenza proprio Lui personalmente rafforza l'individualità umana colmando tutte le lacune e le carenze che ci caratterizzano. In secondo luogo, non possiamo fare a meno di usare altrettanto spirito di immedesimazione in quella frase che Gesù afferma: "Fate questo in memoria di me"; con essa Gesù intende raccomandare ai suoi apostoli che la sua presenza nelle specie del pane e del vino non si esaurisca a quella sola circostanza ma che venga perpetuata continuamente fino a quando Egli non tornerà nella gloria al termine dei nostri secoli, e con tale invito esterna tutta la sua fiducia in uomini di fragile e labile fattura quali potevano essere (e sono tuttora nella persona dei loro successori) gli apostoli. Ed è questa la significazione del presenziare di stamani dei presbiteri di tutte le Diocesi del mondo attorno all'altare delle varie cattedrali: nel concelebrare alla solennità dell'istituzione dell'Eucarestia essi vengono coesi da un elemento comune che li fa prescindere da tutte le differenze: indipendentemente infatti da quali possano essere le prerogative, le qualità, le mancanze nei singoli sacerdoti o le differenze che li distanziano l'uno dall'altro, non si può affatto smentire che essi formino un solo corpo e un vincolo di unione nell'adempiere l'unico mandato di rendere Gesù presente sull'altare.... Questo li rende uniti nelle differenze e li fa interagire fra di loro ma è anche sprone alla comunione fra essi stessi e il popolo che stanno pascendo, ed è per questo che mai si ringrazierà abbastanza Dio per il dono dei sacerdoti, anche considerando la realtà desolante di parecchie strutture o dimensioni ecclesiastiche carenti di clero. Per chi crede nel Signore che si rende cibo per noi, il sacerdote è indispensabile. Attenzione, non stiamo dicendo che indispensabile sia "Don Tizio"per al sua solerzia e capacità di animazione; e neppure che lo sia "Don Caio" a motivo della sua capacità di organizzare questo e quello; stiamo affermando che indispensabile è chi viene reso mandatario del compito di rendere presente il Signore in modo sostanziale affinché Questi possa edificare e santificare il suo popolo. Il sacerdote insomma che possa legittimamente dire: "Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue". |