Omelia (09-04-2004)
don Marco Pratesi
O Crux, ave spes unica!

L'esperienza del male e della sofferenza, delle ingiustizie e della morte, contraddice la Buona Notizia dell'amore di Dio e, di per sé, tende a distruggere la fede e la speranza. Pensiamo alle domande che ci investono quando il male non riguarda più gli altri, ma ci tocca personalmente: malattie, dolori, delusioni, insuccessi. Allora non basta più la speranza facile e a buon mercato ma senza fondamento sulla quale ci appoggiavamo fino a quel momento; allora siamo minacciati dalla disperazione; allora siamo sul punto di concludere: "Non è vero che Dio mi ama".
Anche nella vicenda personale di Gesù la croce deve farci problema (se non lo fa è perché, oramai assuefatti, ne abbiamo banalizzato lo scandalo): perché Dio ha scelto questa via per salvarci? Perché Dio ha scelto la croce per rivelarsi in profondità e vincere il male? Domande fondamentali: la croce pone radicalmente in questione il nostro modo di concepire la salvezza, Dio e la nostra relazione con lui.
La fede ci invita a riconoscere nella croce la "spes unica" (unica speranza). Ma scoprire la salvezza nella croce di Gesù (e poi nella nostra) non è qualcosa che viene da sé: richiede silenzio, interiorità, umiltà, ascolto della Parola, capacità di sostare davanti al mistero, alla croce di Cristo, di lasciarci interpellare da Gesù crocifisso.
Senza la croce la speranza resta illusione e vuota retorica: una speranza, per essere vera, deve fare i conti con la croce, con il dolore, altrimenti è fantasia. D'altra parte, una croce senza speranza non è la croce di Gesù. Speranza e croce per la nostra mentalità mondana si escludono; in realtà sono unite indissolubilmente e si sostengono a vicenda. Occorre una speranza che si confronti con la croce; occorre vivere la croce nella speranza.
Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio. Come? Come la speranza è nella croce? Come nel segno della croce siamo benedetti?
Nella croce l'incarnazione del Figlio di Dio giunge al suo culmine: Dio condivide la nostra situazione fino al suo punto estremo, più basso. Egli è totalmente solidale con noi anche nella nostra umiliazione, sofferenza e morte. Egli è fino in fondo l'Emmanuele, il Dio-con-noi.
La croce è la risposta di Dio alla domanda: "perché soffro, perché muoio?". Non una risposta teorica, ma il gesto di Gesù che si mette nella nostra situazione, che la vive con noi. Questo significa la certezza di non essere soli in nessuna situazione, e la sorgente, quindi, di ogni speranza. Da ora in poi Gesù sarà il compagno di ogni sofferenza umana; da ora in poi ogni inferno potrà diventare il luogo dove Dio salva.
Certo, noi vorremmo una risposta che togliesse la croce, eliminasse il problema. O almeno una risposta che lo spiegasse, che facesse tornare tutti i conti. Ma la risposta di Dio al problema della morte, della sofferenza, del fallimento, è questa: la vicinanza di Gesù. Se questa risposta non ci basta, non ne avremo altre. "Colui che vuole onorare veramente la passione del Signore guardi Gesù crocifisso e riconosca nella sua carne la propria carne" (S. Leone Magno).