Omelia (07-05-2013)
Riccardo Ripoli
Dove vai?

Se andiamo alla stazione vediamo i treni pieni di persone che intraprendono un viaggio. Vi è mai capitato di interrogarvi su dove vanno, cosa faranno, quale sarà la loro vita, i progetti, le pene, gli amori? Non è curiosità o sete di conoscenza, ma interessamento verso la persona. Siamo troppo abituati a vedere la massa oppure i difetti di ciascuno che non guardiamo ciò che prova il singolo individuo. E' facile vedere un bambino e gioire, sorridere per la sua euforia per una nuova situazione, ma come è difficile immedesimarsi in colui che al mattino si sveglia ubriaco e pensare a cosa farà oggi della sua vita, è difficile pensare ad una persona che ti ha lasciato e alla sua felicità, è difficile pensare a come vivrà oggi nel campo nomadi uno zingaro che ieri ha rubato in casa nostra.
Ci viene subito da pensare a cose brutte, critiche e maledizioni, ma non si riesce ad andare oltre il passato, oltre l'aspetto negativo, oltre l'abito logoro e puzzolente. Manca la pietà. Non il pietismo, bensì la pietà verso le debolezze umane.
Quando muore una persona dovremmo pensare alla sofferenza della sua famiglia, a cosa si perde, al bene che ha fatto, ed invece, sempre più spesso, c'è la felicità, il godere per una sofferenza. Tempo addietro mi meravigliai per il tripudio suscitato alla morte di Margaret Tatcher, oggi mi indigno nel vedere la gioia di molti alla morte di Andreotti. Non spetta a me giudicare, avranno fatto cose buone o cose cattive, ma anche se la loro vita fosse stata tutta un susseguirsi di cattiverie non spetta a me, né a nessuno il giudizio che è solo di Dio. A noi spetta la pietà verso l'uomo, verso la sua sofferenza e quella della sua famiglia. Non bisognerebbe mai gioire delle disgrazie altrui perché ognuno di noi ha le sue debolezze, i suoi peccati, i suoi errori da scontare, ma con la morte tutto si chiude ed è il momento della pietà. Non lasciamoci sopraffare, non lasciamo che sentimenti di odio e rancore inquinino la nostra anima. Se colpevole sarà Dio a giudicarlo, non a noi.