Omelia (12-05-2013) |
don Giovanni Berti |
Ascensione, un finale con il punto di domanda Clicca qui per la vignetta della settimana. Ricordo un film, "Flash Gordon" del 1980, che si concludeva in un modo molto semplice quanto originale. Nell'ultimissima inquadratura, dopo che tutto sembra felicemente concluso con la vittoria dei buoni sui cattivi, una mano nera in primissimo piano ruba l'anello del potere appena caduto al cattivo sconfitto, l'imperatore Ming. E allora accanto alla scritta "the end" appare un punto di domanda, seguito dai titoli di coda. Un espediente cinematografico che tiene in sospeso lo spettatore e che apre ad un sequel di tutta la storia (un sequel che poi in realtà non c'è stato visto lo scarso successo della pellicola...). Luca conclude il racconto del suo Vangelo con questo episodio dell'Ascensione: Gesù dopo aver dato le ultime istruzioni ai suoi, li porta in un luogo prestabilito (che in realtà è volutamente tenuto un po' vago, "verso Betania") e qui si stacca e viene portato verso il cielo. E' finito tutto? Si volta pagina? I dettagli del racconto ci fanno intravedere un bel punto di domanda accanto alla parola "fine" che saremmo tentati di mettere. Si intravede nel racconto un sequel che non è separabile da tutto quello che fino adesso è stato raccontato. E infatti lo stesso Luca scriverà il racconto dei primi passi della Chiesa proprio a partire da questo racconto della Ascensione di Gesù al cielo, ripresa nel capitolo primo del libro degli Atti deli Apostoli. Gesù sembra andarsene ma in realtà non è affatto così. L'andare in cielo non è da interpretare come una nuova collocazione spaziale del Maestro. In realtà questo episodio racconta la nuova consapevolezza che i suoi discepoli hanno di Gesù: ora i discepoli hanno capito che Gesù è di natura divina e non un semplice eroico maestro simile a tanti altri prima di lui. Il cielo nella mentalità del tempoè il luogo di Dio. Dire che Gesù sale al cielo, significa comprendere che Gesù è proprio Dio, e in questa identità profonda va intesa ogni sua parola e ogni suo gesto. Tutto quello che segue nella vita dei suoi amici e discepoli ha un riferimento fondamentale nella sua divinità. Ma bisognerà che proprio dal cielo, cioè da Dio venga anche la potenza che sarà la forza della Chiesa, cioè lo Spirito Santo ("io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto"), che è l'Amore di Dio che rinnova e dona coraggio. I discepoli quindi non sono li a vedere Gesù che se ne va dopo che ha fatto tutto quel che doveva fare, e che li lascia soli in modo che si arrangino armati solo della loro buona volontà. Al contrario capiscono che il loro Maestro e Signore continua a vivere e operare in loro proprio perché Dio. Per questo l'evangelista racconta che subito dopo averlo visto salire in cielo, i discepoli tornano a Gerusalemme pieni di gioia. E' la gioia profonda di chi ha capito che non è stato abbandonato da Dio, e che nulla, nemmeno i propri limiti e debolezze, potrà sconfiggere la forza della loro testimonianza. Quando noi partecipiamo alla messa o viviamo qualche celebrazione, siamo tentati di mettere, più o meno con senso di sollievo, la parola "the end" alla fine, specialmente quando il canto finale ci "libera" dell'impegno domenicale. Siamo stati bravi e volenterosi, abbiamo fatto il nostro dovere e forse ci siamo guadagnati un po' di punteggio da impiegare poi in eventuali richieste da inoltrare all'Altissimo. Clicca qui per lasciare un commento |