Omelia (15-01-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Giovanni 1,35-42 Cosa cerchiamo quando ci mettiamo alla ricerca di Gesù? Chi cerchiamo veramente? È una domanda che rivela il profondo rispetto che Gesù ha nei confronti della nostra umanità Può succedere, e lo vediamo, che la fede non sia ricerca, ma rifugio; che Dio non diventi Signore ma padrone; che la sua azione non sia grazia ma supplenza alle mie difficoltà... esiste, cioè un modo di avvicinarsi alla fede che non ci fa crescere come uomini, ma che ci fa fuggire i problemi. Il Signore mette a fuoco il senso della ricerca dei due discepoli, li invita a non lasciarsi andare al facile entusiasmo, ma a riflettere sulla propria sequela. La risposta dei discepoli rivela tutta l'insicurezza della loro scelta: "Maestro, dove abiti?". Quanto bisogno di certezze abbiamo prima di poterci fidare! Quanti "se" e "ma" mettiamo prima di dire il nostro "sì" definitivo al Signore! E lui che, allora come oggi, ci risponde: "Venite a vedere". Non chiedere, fidati, muoviti, fa' diventare questa ricerca un'esperienza, investi. La fede non è "fare", "sapere" ma "conoscere". Noi per primi siamo chiamati ad andare a vedere, noi per primi siamo chiamati a fare l'esperienza della sequela. Ed essi andarono, videro e restarono con lui. Dopo essersi fidati restano, accettano, si lasciano coinvolgere. Quel giorno, quell'istante, è così importante per i discepoli che segna l'inizio di una vita nuova. |