Omelia (01-04-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Marco 14,1 - 15,47 In una stessa domenica la liturgia ci invita a fare memoria dell'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme e delle ultime ore della sua vita. Entriamo nella grande settimana che segna la nostra fede, la settimana santa. È felice la folla, applaude, strappa i rami dagli ulivi che circondano Gerusalemme e dalle palme, stende i propri mantelli davanti al piccolo ciuchino spaventato che trotterella portando il Maestro Gesù che sorride. Piccola gloria prima della grande sconfitta, ingresso di un Messia riconosciuto tale dai piccoli e misconosciuto dai sacerdoti e dai potenti, re della beffa' che non entra solennemente a cavallo di un focoso destriero purosangue. Eccolo, ora, che scende nella ripida discesa di Betfage. Gli apostoli, divertiti, lo attorniano e lo sostengono, i bambini gridano giocando e correndogli avanti. Osanna, rabbì, osanna, Messia da strapazzo, osanna, agnello da macello. Osanna: goditi questo ultimo spiraglio di normalità, di festa, goditi questo momento di pace interiore, ora che ancora puoi. Sorride, il Padre, vedendo questo scampolo di umanità sognare, osare, cantare. Dall'alto delle mura i sacerdoti osservano con diffidenza e disgusto la scena che considerano ridicola mentre già pensano a come far sparire l'ennesimo, delirante falso profeta. Ma ora è il momento della festa, Signore. Osanna a te, Signore che ci hai cambiato la vita per sempre. |