Omelia (10-06-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Marco 14,12-16.22-26

Oggi celebriamo il Mistero della presenza reale, concreta, attuale, salvifica di Cristo nell'Eucarestia: il Rabbì si rende accessibile, incontrabile, si fa pane del cammino, diventa cibo per l'uomo stremato.

Rabbrividisco di fronte alla poca fede mia e delle nostre comunità. Il problema è semplice: la nostra fede è poca, ridotta al lumicino. E allora la Messa è peso, fatica, incomprensione. Ma se crediamo che il Maestro è presente, al di là della povertà del luogo e delle persone, tutto cambia. L'Eucarestia diventa il centro della settimana, la Parola celebrata ritornerà in mente durante il lavoro e lo studio. E l'incontro con Cristo Eucarestia, con questo corpo dato, cambia inesorabilmente il modo di vivere, di pensare, di amare. È vero: c'è gente che fa il bene senza bisogno di andare a Messa. Ma per me, cristiano, il Bene deriva dall'incontro con Cristo. È vero: la preghiera può essere personale. Ma l'incontro della comunità ci fa sentire ed essere Chiesa. È vero: non tutte le omelie brillano per attualità e concretezza. Ma è la Parola al centro, non la sua spiegazione. È vero: la domenica è il giorno del riposo. Ma il riposo è affare di cuore, non di sonno. Come ad Abitene, durante i primi secoli cristiani. Alcuni discepoli, vennero scoperti a celebrare l'Eucarestia e il governatore romano, indulgente, promise loro di avere salva la vita, a patto di non ritrovarsi più. Risposero: "Non possiamo fare a meno di celebrare il giorno del Signore", e si fecero uccidere. Animo, resistenti nella fede, il Signore ci chiede di metterci in gioco.