Omelia (21-10-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Marco 10,35-45 Gesù insegna agli apostoli litigiosi come essere Chiesa: il loro ruolo non è quello di comandare, ma di amare e servire, come lui, l'unico Maestro, ha saputo fare. Ho visto persone straordinarie, consapevoli dei propri limiti, consumare la propria vita nell'annuncio del Vangelo. Ma ho anche visto (e sento dentro di me), la tentazione dell'applauso e della gloria, del riconoscimento sociale del mio sforzo, del risultato che, in qualche modo, deve essere visibile e quantificabile. Ho visto (e sento dentro di me) rispolverare vecchi titoli e privilegi, giovani preti convinti che basti la loro semplice presenza e simpatia per cambiare le cose. Ho visto (e sento dentro di me) catechisti offendersi per un richiamo, lettori incupirsi per una minore attenzione, educatori stancarsi al primo soffio di vento. E penso che dobbiamo ancora fare tanta strada, stare attenti a non cadere nell'inganno della mondanità, guardare sempre e solo al Maestro che ha amato, senza attendersi dei risultati e che li ha ottenuti proprio dando il meglio di sé, in assoluta umiltà e mitezza. Gesù ci dice di essere come agnelli in mezzo ai lupi. A volte pensiamo che, finché gli altri non diventano degli agnelli, è meglio fare i lupi anche noi. Gesù dice di essere venuto per servire e non per essere servito. A volte la nostra Chiesa lamenta una scarsa attenzione e vorrebbe contare di più. Dobbiamo convertirci, semplicemente. |