Omelia (17-01-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Marco 2,23-28 Il rispetto del sabato era una norma che differenziava Israele da tutti i popoli vicini. I romani, a causa di quel riposo settimanale consideravano gli ebrei dei pigri (loro, ovviamente, facevano lavorare gli schiavi!). Eppure quel riposo faceva la differenza, ricordava agli ebrei il primato di Dio e la loro dignità: gli schiavi non hanno un giorno di riposo. La forza con cui la Scrittura difende il precetto del sabato è motivata dall'importanza di un segno che indica la profonda realtà dell'uomo fatto per la festa e non per il lavoro. Ma, come spesso accade fra gli uomini religiosi e devoti, questa intuizione era poi stata svilita, confusa, irrigidita, al punto che una infinita serie di prescrizioni indicava le azioni da compiere, i passi da percorrere, il cibo da mangiare. Gesù è libero non perché fa l'anarchico, ma perché conosce la sostanza di quella norma e la sa applicare con intelligenza ed equilibrio. Non così i suoi detrattori che fanno dell'osservanza esteriore della legge il criterio attraverso cui giudicare la devozione delle persone. Gesù non si piega al loro ricatto e cita la Parola di Dio (che conosce bene!) giustificando così l'eccezionalità del suo agire. |