Omelia (27-01-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Marco 4,26-34

È con noi, il Signore, sempre. Ma non si sostituisce a noi, non è lui a guidare la nostra barca. La fede non è la consegna della propria vita al Signore sperando sia lui a toglierci dai guai in cui ci siamo (o ci hanno) infilati. La fede autentica che deriva dal cristianesimo ci aiuta a diventare più uomini, più donne, non intende risolverci i problemi, farci diventare dei dipendenti, degli infanti. Così può accadere di trovarci in mezzo ai guai, ad una tempesta perfetta che fa capottare il nostro fragile guscio di noce. Ma come, siamo diventati discepoli e fatichiamo esattamente come (e più di) prima? Con tutte le preghiere che abbiamo fatto siamo qui a remare controcorrente? La fede non ci mette al riparo dalla sofferenza, al discepolo il dolore non viene evitato. Ma c'è il Signore, è salito con noi sulla barca, anche se sembra dormire. No, non si disinteressa di noi colui che darà la sua vita sulla croce. No, non abbiamo nulla da temere: egli pensa che siamo in grado di cavarcela da soli. Ma noi, lo pensiamo di noi stessi? Così è il nostro Dio. Prendiamolo sulla barca così com'è, senza dettare condizioni, con piena fiducia.