Omelia (18-04-2004) |
don Roberto Rossi |
Mio Signore e mio Dio La comunità cristiana già nei suoi inizi ha chiara la professione di fede in Gesù di Nazaret: Egli è il Signore, il Figlio di Dio, il Salvatore, morto e risorto per la redenzione di tutti. Questa fede i primi cristiani la esprimono nei momenti del loro sviluppo, come è riportato dal testo degli Atti, e la esprimono nei momenti della prova e della persecuzione: l'apocalisse è il libro della certezza della vittoria di Cristo "Non temere, Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente, io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi". Questa fede ha la sua origine e il suo fondamento nella Pasqua di Cristo e nel suo manifestarsi risorto ai suoi. Abbiamo questo racconto del vangelo molto significativo, che potremmo intitolare: la pace e la fede. La sera di Pasqua Gesù appare nel cenacolo e offre il saluto della pace. La pace del perdono, la pace della coscienza e del cuore. Alla sera del giorno più grande, la Pasqua, Gesù dà alla Chiesa e al mondo il sacramento del perdono: "Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi...". Possiamo trovare qui il senso profondo di ogni incontro di perdono e di misericordia, di ogni nostra confessione, di ogni nostro ritorno nell'abbraccio di Dio e dei fratelli. Nella misericordia di Dio, nella riconciliazione con Lui e con i fratelli possiamo trovare il fondamento e la forza di una pace vera, nella coscienza, nelle famiglie, nelle relazioni con gli altri, nello svolgersi degli avvenimenti del mondo. Questa pace trova la sua forza nella fede in Dio, Padre di tutti, e in Cristo, messia e salvatore. La seconda parte del vangelo ci riporta l'incontro di Tommaso con Gesù. "Se non metto il mio dito nelle sue piaghe, nel suo costato... non crederò" "Pace e voi. Tommaso, metti qua il tuo dito, la tua mano e non essere più incredulo, ma credente". Tommaso arriva alla professione più grande della fede: "Mio Signore e mio Dio". Gesù gradisce questa professione, ma prende occasione per proclamare la beatitudine di quanti avranno la fede e vivranno di fede lungo la storia. Sono ben espressi nel primitivo atteggiamento di Tommaso tutti i dubbi e la fatica della fede, la ricerca di prove sensazionali, tutte le tentazioni che possiamo avere anche ciascuno di noi come le persone del nostro tempo, giovani e adulti che siano. Dobbiamo anche essere coscienti che il mondo di oggi, con la sua cultura e le sue suggestioni non ci aiuta nella fede, anzi tante volte la vuole spegnere e sopprimere. Ma Gesù è chiaro; dice: Non essere incredulo, ma credente, cioè non rimanere nel tuo buio, apriti alla grazia, accogli il Signore, illumina e trasforma la tua vita con la luce della fede. E' un invito rivolto a tutti e tutti possono accoglierlo. Nella fede troveremo la beatitudine che Gesù ha promesso, avremo la pace, avremo l'amore verso tutti, cioè il senso più vero dell'esistenza. Possiamo domandarci: Come coltivo la mia fede? E' cresciuta, è più solida dopo questa quaresima e questa Pasqua? Cerco di aiutare gli altri nella fede? Cosa faccio per lo sviluppo della fede nella vita della parrocchia e negli ambienti sociali? Ho trovato questo racconto riportato da P. Pellegrino: Le orme del creatore Un uomo accompagnava attraverso il deserto un esploratore francese. E ogni mattino si inginocchiava a terra per adorare e pregare Dio. Un giorno il francese gli disse: "Tu sei un ingenuo: Dio non esiste, difatti tu non l'hai mai visto né toccato". L'uomo non rispose. Poco dopo il francese notò delle orme di cammello ed esclamò: "Guarda, di qui è passato un cammello". E l'uomo rispose: "Signore, lei è un ingenuo, il cammello non l'ha né visto né toccato". "Sciocco sei tu! Si vedono le orme!", replicò il francese. Allora il credente, puntando il dito verso il sole: "Ecco le orme del Creatore: Dio c'è"... |