Omelia (30-01-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Marco 5,1-20

È furioso, l'indemoniato, sconquassato da una schizofrenia profonda, in lui abita una moltitudine. I suoi concittadini, intimoriti dalle sue intemperanze, lo hanno relegato nel cimitero del paese, lontano dal borgo, dopo avere tentato di incatenarlo. Che vita terribile è quella di quest'uomo! Al tempo di Gesù molte manifestazioni incomprensibili erano legate al demonio, anche eventi patologici come le malattie psichiatriche. E Marco, nei suoi racconti, ci descrive sempre degli indemoniati feroci con loro stessi che si fanno del male, si percuotono, si gettano nelle fiamme. Come a lasciar intendere che chi si fa del male è in preda alla tenebra, così la depressione, la sfiducia di sé, l'autolesionismo. Gesù prende a cuore il destino di questo pover'uomo che abita fra le tombe e lo libera. Se una parte di noi stessi tende ad affossarci o ad esaltarci inopinatamente, se siamo oppressi dall'immagine di noi stessi che proviene dalla paura o dall'arroganza, Gesù ci guarisce e ci ridona dignità e libertà. Non così i concittadini dell'ex-indemoniato, molto più preoccupati dalla perdita dei maiali che dalla miracolosa guarigione del loro amico!