Omelia (21-02-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Marco 9,30-37 Ne parlano tutti i sinottici, quindi non solo è accaduto, ma è stato un momento importante per il percorso dei discepoli. Ne parlano senza vergogna, senza badare alla figuraccia che hanno fatto. Non hanno paura di ammettere, candidamente, di non avere capito nulla del discorso che ha fatto loro Gesù. Delle sue parole è rimasta solo la rivelazione del suo messianismo. Ma non hanno voluto capire il seguito, il discorso della croce, la logica del dono di sé. E così, Gesù, con una stretta al cuore, deve ripetere la stessa profezia, vedendo stagliarsi all'orizzonte l'epilogo drammatico della sua vicenda terrena. Ma i suoi discepoli, gli amici fidati, quelli che ha scelto con cura, sono su un altro pianeta. Discutono di gloria, di posti di comando, di potere... Non sanno davvero di cosa parlano, non hanno ancora capito cosa Gesù vuole fare. E il Maestro, ancora una volta, si mette da parte, non guarda al suo dolore, non elemosina consolazione, ma insegna, cerca di far capire. Anche a noi, a volte, succede di avere bisogno di consolazione e di dover consolare, mettendo fra parentesi il dolore che ci divora il cuore. Non siamo soli in questo, anche Gesù ha sperimentato questa fatica e l'ha trasfigurata... |