Omelia (03-03-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Matteo 5,43-48 Il discorso della montagna presente in Matteo è destabilizzante per i contemporanei di Gesù e per noi oggi. Per i farisei, in particolare, che reputavano Legge inviolabile gli oltre seicento precetti della tradizione orale che nulla avevano a che fare con Mosè e che Gesù si permette di correggere liberamente con grande scandalo dei devoti. Ma anche per noi, per la forza semplice ed immediata del suo ragionamento. Amare chi ci ama è molto semplice, osserva il Signore, non c'è nulla di virtuoso in questo, è del tutto naturale comportarsi in questo modo. Amare chi ci fa del male, il nemico, invece, è straordinariamente difficile, supera l'istinto e il buon senso, ci rende simili a Dio che fa sorgere il sole e fa piovere su giusti ed ingiusti. Al discepolo è chiesto di superare la connaturale simpatia o antipatia per andare alla radice di ogni rapporto umano fondato sulla giustizia divina. Proprio perché siamo oggetto dell'amore di Dio diventiamo capaci di amare, di quello stesso amore, le persone che ci sono moleste...In questa quaresima, perciò, lasciamoci amare con maggiore intensità dal Padre perché ci aiuti a vincere ogni resistenza ed amare gli altri dell'amore con cui siamo stati amati. |