Omelia (06-03-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Matteo 23,1-12

Gesù non ha paura di stigmatizzare i comportamenti contrari alla vera fede. I farisei, al suo tempo, erano ammirati per la loro coerenza e la loro devozione: ferventi praticanti della Legge orale, passavano la giornata a seguire oltre seicento precetti e consideravano come peccatori irrimediabilmente persi i popolani che non conoscevano la complessità delle norme. Gesù stigmatizza il loro comportamento e contesta l'abitudine ad imporre agli altri molte regole e annota con un certo sarcasmo il fatto che amino essere ammirati per la loro devozione. Il fariseismo, ahimè, è duro a morire, e riemerge continuamente in ogni esperienza religiosa, anche in quella cristiana. Anche fra i cattolici ci sono quelli che si sentono migliori degli altri, più devoti, più "in regola", ci sono coloro che impongono agli altri pesanti regole e norme che, invece di avvicinare al Signore, allontanano dal vangelo, e ci sono quelli, anche fra i sacerdoti, che amano girare in ampie vesti e ricevere titoli onorifici... Poche storie; questi atteggiamenti ci allontanano dalla vera fede e vanno visti come pericolose deviazioni del vangelo, che ci piaccia o meno.