Omelia (07-03-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Matteo 20,17-28

Fra noi non è come nel resto del mondo, fra noi discepoli non ragioniamo con la logica mondana, mai. O così dovrebbe essere: Gesù ci ha ampiamente dimostrato che tutta una serie di atteggiamenti, anche filtrati dall'esperienza religiosa, non hanno nulla a che vedere con la nuova logica del vangelo dove chi ha un ruolo, un'autorità, lo mette a servizio dei fratelli e nessuno si sente migliore degli altri. Gesù ci ha dato l'esempio lui, il Maestro, che si china a lavare i piedi dei discepoli. Ma noi, ovviamente, da quell'orecchio ci sentiamo davvero poco e se gli apostoli stessi, gli apostoli!, dopo la confessione sofferta di Gesù che prevede la tragica fine della sua missione si accapigliano per accaparrarsi i primi posti, dobbiamo vigilare molto seriamente. La tentazione di esercitare un potere sugli altri la portiamo nel DNA, la voglia di manipolare, di comandare, di dirigere la portiamo scolpita nell'intimo. Anche nella Chiesa possiamo esercitare un potere che allontana gli altri dalla logica del vangelo: dai piccoli dispetti fra i lettori in chiesa, alle ripicche dei movimenti e dei gruppi parrocchiali, alla scorretta rivendicazione di un autoritarismo da parte dei sacerdoti, il rischio di imitare la logica del mondo resta.