Omelia (03-04-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Giovanni 13,21-33.36-38 In Giovanni il racconto della cena è denso di stupore che si fa largo nella drammaticità del momento. Gesù salva Giuda dal suo tradimento e Pietro dalla sua supponenza. Il boccone (l'eucarestia!) dato a Giuda è l'ultimo tentativo del Maestro per manifestargli la misura del suo amore e il suo perdono. Giuda vede in quel gesto, che è un sacramento d'amore, un gesto di sfida. È notte profonda, nel suo cuore, buio fitto. È perso, Giuda, certo, ma non è venuto esattamente per chi è perduto, il Salvatore del mondo? Pietro, invece, accentua la distanza dagli altri, si tira fuori, pensa di essere il primo della classe. Ingenuo ed illuso: dovrà confrontarsi con la fragilità della propria fede per poter diventare, infine, il garante della fede dei fratelli. E fra questi due tradimenti Gesù afferma l'incredibile: il gesto che segna il momento più catastrofico della sua vicenda terrena diventa, per lui, l'occasione per manifestare lo straordinario progetto che Dio ha sul mondo, il suo volto autentico. In questa settimana sediamoci a meditare quanto è grande l'amore di Dio su ciascuno di noi. Nessuno è perso, agli occhi di Dio: siamo tutti oggetto della sua opera di salvezza. |