Omelia (13-04-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Giovanni 21,1-14 Pietro è stato l'ultimo, fra gli apostoli, a credere nel risorto. Non che dubitasse dell'evento, ne era stato coinvolto fin dal giorno della resurrezione, correndo al sepolcro, ed era stato il beneficiario di una misteriosa apparizione personale di Gesù (Lc 24); ma perché quella resurrezione, in un certo modo, non lo riguardava. Pietro, il primo, il migliore, colui che aveva ricevuto l'ordine di custodire la fede dei fratelli, aveva semplicemente rinnegato il Signore Gesù. Cosa c'era di peggio? Pietro non riesce a perdonare se stesso, il senso di colpa gli impedisce di convertirsi alla gioia. Il triste episodio di oggi si innesta su questo fallimento: la compagnia dei suoi amici che di nuovo lo seguono nella pesca, mentre invece l'ultima volta che aveva pescato era stato chiamato dal Signore a mollare le reti per seguirlo!, è il segno del grande affetto dei discepoli verso il rude Pietro. E, alla fine della inutile nottata di pesca, ancora il Signore li raggiunge. È venuto apposta per lui, per Pietro: lo ha aspettato, ora sa che può finalmente incontrarlo. Gesù ci aspetta sempre, alla fine di ogni nostra notte, di ogni nostro dolore, di ogni nostro fallimento. Non si arrende facilmente, non ci lascia andare, non ci abbandona. Mai. |