Omelia (23-04-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Giovanni 6,22-29

È un dialogo fra sordi quello di Gesù con la folla, piuttosto offesa, che lo ha cercato. Ma come, hanno appena cercato di farlo re e questi è fuggito? Che strano personaggio! Gesù, in effetti, appare profondamente turbato da ciò che è accaduto. Non si aspettava una reazione del genere: sperava che quel gesto inaugurasse il tempo messianico, che la folla capisse il vero volto di Dio che non risolve i problemi ma che chiede a noi di condividere le soluzioni... E invece. Ancora una volta l'uomo si dimostra impreparato, ancorato alle proprie ristrette visioni, abitato da un'insuperabile grettezza d'animo. Sono offesi i suoi partigiani e Gesù tenta un ultimo, disperato tentativo: chiede loro di riflettere sull'accaduto; la fame del corpo è solo una dimensione dell'esistenza, la fame del cuore è più importante, ed egli è venuto a donare un pane che può saziare per l'eternità. La folla è incuriosita e chiede cosa deve fare per avere questo pane. La logica è sempre la stessa: cosa bisogna "fare" per aggiudicarsi Dio? No, risponde Gesù, non bisogna "fare" ma "credere". La religiosità, ribadisce, non consiste nel mettere in opera dei fatti, ma nel vivere una profonda dimensione della fede.