Omelia (24-04-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Giovanni 6,30-35

Il dialogo nella sinagoga di Cafarnao, dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, segna il vertice dell'incomprensione fra il progetto di Gesù e la folla che non capisce, che non coglie il valore di ciò che Gesù chiede. Dopo essere fuggito dal tentativo di farlo re, Gesù tenta ancora di far ragionare le persone, invitandole a cercare un "pane" che sfama l'anima, non il corpo. La folla ha chiesto questo pane e cosa occorre fare per guadagnarselo. Gesù ha risposto che bisogna credere in lui. E la gente, indispettita, chiede un segno... Come, prego? Un segno? Gesù ha appena sfamato cinquemila famiglie e ancora hanno bisogno di un segno? Sconcertante! Quanti segni deve compiere Dio perché, bontà nostra, finalmente ci convertiamo? L'uomo pretende sempre, chiede a Dio continuamente segni della sua presenza e non sa leggere gli eventi che quotidianamente testimoniano la discreta presenza di Dio nelle nostre realtà. Accogliamo la sconcertante novità di Gesù che, se risorto in noi, per sempre dimora insieme a noi! Accogliamo il grande segno della sua presenza nell'eucarestia e nella comunità, smettiamola di mettere Dio continuamente alla prova!