Omelia (15-05-2013) |
Riccardo Ripoli |
Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo Capita di vedere in un contesto qualcuno che vi sia inserito, ma che non faccia parte. Sembra una contraddizione, ma tanti sono gli esempi. Lo vediamo nelle classi dove ci sono alcuni che vanno a scuola ma non fanno parte della classe perché disturbano e non si aggregano in un lavoro di crescita; lo osserviamo nelle nostre chiese dove alcuni di coloro che vanno a Messa stentano a dare la mano al vicino o a rivolgergli un sorriso; nelle famiglie dove i figli entrano ed escono come se la casa fosse un albergo, o nelle quali un genitore non condivide mediante il dialogo gli avvenimenti della famiglia restando in disparte. Inevitabilmente queste persone si troveranno sperse in quel contesto, verranno messe da parte, additate ed escluse: i ragazzi bocceranno, i figli avranno continue discussioni e litigate con i genitori, si assisterà a divorzi e separazioni, quei fedeli scontrosi non saranno chiamati alle iniziative della parrocchia. Tutti noi pensiamo di sapere come vada il mondo e come gestirlo, presumiamo di conoscere ogni singolo aspetto e di saper muoverci in ogni occasione, reputiamo di far parte del mondo. Sicuramente siamo inseriti nel contesto "mondo", ma non per questo ne facciamo parte. Il Signore, mediante il Vangelo, ci fornisce delle regole da seguire, ancora oggi valide ed attuali. Sono regole che vanno contro il nostro primo istinto primordiale: davanti ad un torto pensiamo alla vendetta, ed invece Gesù ci dice di amare chi ci fa del male; davanti ad un tradimento pensiamo all'abbandono, ed invece Gesù ci dice di dialogare; davanti alla possibilità di avere sempre di più, Gesù ci dice di dividere ciò che abbiamo con gli altri. Se agissimo secondo istinto ci sarebbe sempre maggior violenza perché la vendetta richiama altra vendetta in una faida senza fine, ci sarebbero sempre più coppie divorziate con figli infelici, ci sarebbe sempre maggior egoismo e sempre più persone che muoiono di fame. Seguendo le regole di Gesù un atto di odio sarebbe perdonato e forse colui che ci ha fatto del male diventerebbe un amico, uno scontro si trasformerebbe in dialogo costruttivo e motivo di crescita, un atto di generosità potrebbe cambiare la vita a qualcuno. Non certezze, ma speranza, ma chi vive nella speranza vedrà, prima o poi, che il mondo attorno a lui cambierà perché chi perdona è amato, chi dialoga è accolto, chi è generoso è stimato. Sperare in Dio significa avere Fede ed avere Fede ci da la certezza di una vita migliore, non per le agiatezze, ma per la pace che possiamo avere con noi stessi e con gli altri. |