Omelia (19-05-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Giovanni 16,23b-28

I discepoli scoprono un rapporto di intimità fra Gesù e Dio. Non come già si aspettavano, una relazione fatta di tenerezza e conoscenza, ma un vero rapporto di appartenenza: Gesù non è figlio di Dio come lo siamo noi, ma in maniera esclusiva e assoluta. Sono straniti, i discepoli: quell'uomo che hanno imparato a conoscere e ad amare, ora, si rivela molto più di un grande profeta, di uno straordinario uomo spirituale, si rivela come la manifestazione stessa di Dio. Gesù sta parlando di una gioia da acquisire, di una tristezza da superare, di un parto ad una vita nuova da affrontare. In questo percorso non siamo soli: lo Spirito Santo, primo dono fatto ai credenti, ci accompagna in questa crescita interiore che porta gli apostoli, e noi, a scoprire chi è veramente Gesù e chi siamo noi in profondità. Certo: fatichiamo a capire come essere felici, anche dopo avere conosciuto Gesù e riconosciuto in lui la pienezza di Dio. Perciò Gesù ci fornisce un suggerimento: chiedere al Padre, in suo nome, qualche consiglio utile per dimorare nella gioia. Visto che conosciamo il figlio del capo, qualche spintarella la possiamo ottenere!