Omelia (28-05-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Marco 10,17-27

Siamo discepoli se osserviamo i comandi che il Signore ci ha lasciato. Siamo suoi discepoli se viviamo con semplicità la nostra appartenenza a lui. Ma, ci dice il vangelo di oggi, possiamo ottenere di più: se siamo disposti a lasciarci raggiungere dallo sguardo amorevole del Signore possiamo davvero abbandonare alle nostre spalle tutto ciò che riteniamo una ricchezza. Solo alla luce dello Spirito Santo, che abbiamo ancora invocato ieri, possiamo dedicare l'interezza dei nostri affetti e delle nostre passioni al Signore Gesù. Il giovane ricco è pieno di entusiasmo e di generosità, ma ha ancora troppi legami. Non è una questione di spessore del portafoglio, ma di priorità, di prospettiva. Sì: davvero il Signore può colmare, già da questa terra, già in questa nostra esperienza umana, il nostro desiderio di felicità. Ma, per farlo, dobbiamo avere il coraggio di osare, di rinunciare a ciò che erroneamente pensiamo essere il tesoro prezioso della nostra vita. L'amaro commento del Signore è efficace: la cupidigia e il possesso possono rappresentare un ostacolo insormontabile al discepolato. Chiediamo allo Spirito il dono della libertà interiore per essere tutti e solo di Cristo!