Omelia (14-06-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Matteo 5,20-26 Gesù passa dalla teoria ai fatti. Se ha espresso il suo parere riguardo all'interpretazione della Torah, sconfessando l'equiparazione della Legge scritta con la selva di precetti e indicazioni della Legge orale, adesso entra nel dettaglio. Per tre capitoli, nel cosiddetto "discorso della montagna", Gesù mette a fuoco delle precise situazioni per uscire dall'asfittica prospettiva rabbinica e osare, volando alto. Ciò che caratterizza l'interpretazione scandalosa di Gesù è la sua volontà di riportare la casistica all'origine del precetto. Il brano di oggi si concentra bene sull'idea di violenza e di omicidio: se i rabbini distinguevano chi bisognava evitare di uccidere (i nemici, ovviamente, si potevano serenamente ammazzare), Gesù giunge a invitare i discepoli a considerare omicidio anche la violenza verbale, il pettegolezzo, la malignità, a prendere l'iniziativa per riconciliarsi col fratello, a mettersi nei panni degli altri, senza sentirsi migliori o speciali. Una pagina dura, intransigente, folle, che ricorda ai discepoli il valore della profezia, della testimonianza, del paradosso. Il Maestro per primo vivrà queste indicazioni, fornendoci un chiaro esempio di come il vangelo possa radicalmente cambiare la prospettiva della vita... |