Omelia (16-06-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Luca 2,41-51

La devozione popolare ha voluto unire alla festa del Sacro Cuore di Gesù quella del Sacro Cuore di Maria. Per indicare, al di là dell'espressione storica della verità che si intravvede da questa celebrazione, forse un po' distante dalla nostra sensibilità, il fatto che Gesù non è solo nel suo desiderio di donare la vita per la salvezza del mondo. Così come quando vediamo una bella persona ci immaginiamo la bellezza delle persone che l'hanno aiutata a crescere, quando vediamo Gesù non possiamo non pensare ai trent'anni vissuti a Nazareth, in casa del falegname Giuseppe e della sua amata sposa Maria. È Maria ad avere insegnato a suo figlio a pregare, a credere, ad amare. E non ci riferiamo, in questo caso, allo stereotipo della mamma (specialmente quella italica!) visceralmente legata ai propri figli, ma allo spessore di fede di una famiglia che ha preso consapevolezza del proprio ruolo e si è fatta da parte. Se Gesù è stato capace di amare liberamente è perché liberamente è stato amato, se è stato capace di perdonare è perché ha vissuto in un ambiente intessuto di accoglienza reciproca e di perdono, se ha donato la sua vita è perché così ha visto vivere attorno a sé.