Omelia (18-06-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Matteo 5,38-42

Riprendiamo la lettura continua del discorso della montagna. Gesù, con un'audacia fuori dall'ordinario, prende alcuni punti controversi della tradizione orale della Torah e li rimette in discussione, meglio: li riporta all'essenziale. Noi uomini siamo abili nel manipolare la volontà di Dio e spesso ci facciamo scudo con le sue parole, scrupolosamente scelte fra quelle che ci fanno comodo... Il famoso detto "occhio per occhio..." che a noi sembra impregnato di violenza era, in realtà, un modo per riuscire a porre freno al dilagare della violenza. Ma Gesù esagera, spinge il discepolo al paradosso: si tratta di porgere l'altra guancia, se si viene schiaffeggiati. Gesù stesso, schiaffeggiato durante il processo, non porgerà l'altra guancia ma chiederà ragione di tale gesto. Il cristiano non è chiamato a soccombere, ad essere l'anello debole della catena, lo zerbino sopra cui tutti camminano. Ma non è neppure armato o aggressivo, vive con dignità senza cedere alla parte oscura e violenta di sé, sa difendersi senza cercare vendetta, ma augurandosi la conversione di chi lo sta umiliando.