Omelia (25-04-2004) |
Totustuus |
Gettate la rete NESSO TRA LE LETTURE La figura centrale delle letture di questa domenica è Cristo risorto, che appare agli apostoli sulla riva del lago. Simon Pietro prende l´iniziativa e va a pescare e gli altri apostoli lo seguono. Proprio loro, che pure erano esperti nell´arte della pesca, trascorrono l´intera notte senza prendere niente. All´alba, odono la voce di uno sconosciuto che li chiama dalla spiaggia, invitandoli a gettare la rete sul lato destro: ´Quando già era l´alba Gesù si presentò sulla rivaª (Gv 21,4). L´evangelista precisa che quella notte ´non presero nullaª (Gv 21,3), e aggiunge che non avevano nulla da mangiare. All´invito di Gesù: ´Gettate la rete dalla parte destra della barca e trovereteª (Gv 21,6), obbedirono senza esitazione. Pronta fu la loro risposta e grande la loro ricompensa, perché ´gettarono [la rete] e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesciª (Gv 21,6), la stessa rete che era rimasta vuota nella notte. Fu lo sguardo acuto di Giovanni a scoprire che si trattava del Signore (Vangelo). Nella prima lettura contempliamo gli Apostoli che danno testimonianza della resurrezione del Signore con coraggio e si ritengono degni di soffrire per il nome di Gesù (prima lettura). Il libro dell´Apocalisse manifesta la lode e l´onore che si deve all´Agnello sacrificato (seconda lettura). Egli ha conseguito il trionfo per mezzo della sua umiliazione. MESSAGGIO DOTTRINALE 1. Il comando di Cristo a Pietro: pasci le mie pecorelle. Gesù risorto appare ai suoi Apostoli sulle rive del lago di Galilea. È un´apparizione nella quale traspare l´amore e l´affetto che Gesù nutre per i suoi apostoli. Qui risulta espresso più chiaramente quanto il Signore desideri "consolarli" tutti quanti, ma in modo particolare Pietro, tanto ferito nell´animo dal suo triplice rinnegamento. Gesù osserva Pietro con uno sguardo di benevolenza e lo conferma nel suo compito di fronte alla Chiesa. Gli chiede di amarlo di più. Gli chiede, nonostante la sua umana fragilità, di fidarsi della grazia divina e di intraprendere con ardore il grande compito della predicazione del vangelo e dell´estensione della Chiesa. Pietro nota che quelle parole, come olio su una ferita, venivano a lenire e guarire il suo cuore pentito e ferito. Forse avrà rammentato quelle altre parole: ´io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelliª (Lc 22,31-32). Nel XXV anniversario della sua elevazione al soglio pontificio, il papa Giovanni Paolo II commentava questo passaggio con un accento affettuoso: ´Oggi, cari Fratelli e Sorelle, mi è gradito condividere con voi un´esperienza che si prolunga ormai da un quarto di secolo. Ogni giorno si svolge all´interno del mio cuore lo stesso dialogo tra Gesù e Pietro. Nello spirito, fisso lo sguardo benevolo di Cristo risorto. Egli, pur consapevole della mia umana fragilità, mi incoraggia a rispondere con fiducia come Pietro: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo" (Gv 21,17). E poi mi invita ad assumere le responsabilità che Lui stesso mi ha affidatoª (Giovanni Paolo II, Omelia del 16 ottobre 2003, XXV anniversario di pontificato). 2. La fede scopre Gesù risorto. Questa scoperta la fa Giovanni. La fa in base a quello che sta vivendo: una pesca infruttuosa, uno sforzo vano, uno sconosciuto che appare all´orizzonte, un´indicazione, un frutto... Le trasformazioni della nostra vita possono essere così: molto sacrificio, poca pesca, un comando del Signore, una pesca inattesa... È il Signore! Scoprire che è il Signore colui che sta guidando la barca della Chiesa, che è il Signore colui che dice a me di tirar su le mie reti, che è il Signore che mi invita a pranzare con lui, che è il Signore che mi chiede di camminare sulla spiaggia. È il Signore! La mia vita apostolica, la mia missione nella vita è la mia vita nel Signore. Giovanni ci svela quella sensibilità della fede che sa scoprire nelle trasformazioni della vita la presenza e l´azione salvìfica di Gesù risorto. La scoperta di Giovanni è magnifica, e cambia immediatamente tutta la situazione. Passa da una notte infruttuosa e piena di fatica ad un´esperienza gioiosa di Cristo presente; giunge all´esperienza di Cristo che agisce sui compiti e sulle reti degli apostoli. Nella vita dell´apostolo ci sono a volte notti apparentemente infruttuose, potenziali fallimenti, momenti di intenso dolore e di vuoto, ma per il cristiano quei momenti sono solo come presagi dell´arrivo di Cristo risorto, sono solo momenti che, uniti a Cristo paziente, ci indirizzano verso l´esperienza di Cristo trionfante. In ogni caso, l´importante è perseverare nel bene, perseverare nel lavoro apostolico fatto per amore e con purezza d´intenzione. Mai arrancare o abbandonare. L´importante è ravvivare la fede, per scoprire che il Signore resta sempre sulla riva del lago per dialogare con me e invitarmi nuovamente alla pesca. L´esperienza di Giovanni, che riconosce il Signore, è quella che lo sostiene nel suo camminare, è quella che lo porta a verificare che Dio è amore e che dobbiamo amarci gli uni gli altri, come l´evangelista scriverà più tardi nelle sue lettere. In più, possiamo dire che le notti sono necessarie, che i momenti di apparente fallimento sono indispensabili, perché provano la fedeltà dell´apostolo, la purificano, l´affinano; evidenziano se quell´apostolo opera fidando solo in se stesso, o se tutta la sua speranza è riposta solo nel Signore. Le notti sono necessarie, perché sono come le dita di Dio, che modellano il cuore dell´uomo e lo alleggeriscono del peso che lo trattiene e degli affetti disordinati del cuore. SUGGERIMENTI PASTORALI ´Il buon pastore offre la vita per le pecoreª (Gv 10,11). ´Mentre Gesù pronunciava queste parole, gli Apostoli non sapevano che parlava di se stesso. Non lo sapeva nemmeno Giovanni, l´apostolo prediletto. Lo comprese sul Calvario, ai piedi della Croce, vedendolo offrire silenziosamente la vita per "le sue pecore". Quando venne per lui e per gli altri Apostoli il tempo di assumere questa stessa missione, allora si ricordarono delle sue parole. Si resero conto che, soltanto perché aveva assicurato che sarebbe stato Lui stesso ad operare per mezzo loro, essi sarebbero stati in grado di portare a compimento la missioneª (Giovanni Paolo II, Omelia del 16 ottobre 2003, XXV anniversario di pontificato). Effettivamente, solo perché il Signore ci ha assicurato la sua compagnia, la sua presenza, il suo amore, possiamo, proprio come i primi apostoli, slanciarci nella vita a compiere il mandato missionario, per compiere la missione di annunciare agli uomini il Regno di Dio. E pastori sono i vescovi, sono i sacerdoti, sono i religiosi e le religiose, ma pastori sono anche, al loro proprio livello, i genitori, che devono dare la vita per i loro figli; gli insegnanti, che alimentano con la verità i loro alunni; tutti gli uomini che sanno di avere una missione nella vita, una missione che va oltre loro stessi. L´uomo, essendo l´unica creatura amata da Dio di per se stessa, non può trovare la propria realizzazione se non nella donazione sincera di se stesso agli altri. Il buon pastore dà la vita per le sue pecore, e ogni uomo che voglia essere realmente uomo, dà la vita per gli altri, dona sinceramente se stesso agli altri. |