Omelia (06-07-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Matteo 9,9-13

È seduto al banco delle imposte Matteo, quando incrocia lo sguardo di quel falegname ospite in casa di Simone il pescatore. Pensa che gli voglia chiedere qualcosa, un favore, uno sconto, un aiuto. È temuto Levi, è un pubblicano che riscuote le tasse per conto dei romani. Lo odiano tutti, visceralmente, ma lo temono e lo rispettano. E invece il Nazareno non gli chiede nulla. Sorride e gli dice di lasciare tutto. Sta scherzando, sicuramente. È stranito ora Matteo, ma lo sguardo di Gesù non lo abbandona. Cosa avrà visto in quello sguardo? Quale abisso di bene e di luce? Quanta misericordia e compassione? Cosa può spingere una persona a lasciare tutto per davvero? Sul serio? Forse anche noi abbiamo incrociato il suo sguardo, forse anche noi ci siamo sentiti travolti dalla misericordia, forse anche noi abbiamo colto la misura infinita della tenerezza di Dio. È venuto per noi ammalati, il Signore, non per quelli che non hanno bisogno di salvezza. È venuto senza porre condizioni, mettendosi in gioco, sfidandoci ad osare, a rischiare. E la cosa straordinaria è che questo incontro Matteo lo racconta trent'anni dopo e ne parla con una freschezza e una nostalgia che commuove.