Omelia (25-04-2004) |
don Marco Pratesi |
Nella fede chiamati all'amore Il brano che meditiamo comprende due sezioni: la prima racconta l'apparizione del Risorto sulla riva del lago e la pesca miracolosa; la seconda riferisce il colloquio di Gesù con Pietro. Occupiamoci della seconda. Si tratta di un racconto di vocazione, e possiamo leggerlo a tre livelli. Il primo livello è quello della vocazione cristiana in generale, qualunque essa sia. Il secondo è quello della particolare vocazione ad essere pastore. Il terzo quello della specifica vocazione di Pietro come capo dei dodici. Ci limiteremo al primo livello. Una prima considerazione è che la vocazione, ogni vocazione, a qualsiasi stato di vita, nasce all'interno del rapporto personale con Gesù risorto. E' importante: non si coglie la propria vocazione soltanto a partire da se stessi, magari domandandosi "che cosa mi piacerebbe fare" o "che cosa mi realizza". La vocazione nasce e cresce all'interno di un rapporto a due. Essa ha lì le sue radici, le sue motivazioni, e soltanto in esso può essere colta e percepita. Seconda considerazione: la vocazione si consolida nella misura in cui si passa dalla fiducia in se stessi alla fiducia nel Signore. Questa, infatti, non è la prima vocazione di Pietro. Egli è già stato chiamato all'inizio dell'attività pubblica di Gesù di Nazareth. Nel frattempo sono successe tante cose, in particolare quel triplice rinnegamento riecheggiato dalla triplice domanda del Signore. Adesso Pietro può davvero svolgere il suo compito, perché ha imparato dall'esperienza la differenza tra fidarsi di sé e fidarsi del Signore. Ultima osservazione. Nella vocazione, ogni vocazione, è in qualche modo previsto il martirio. Gesù vi allude con le parole "quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi". (Forse l'allusione al particolare martirio di Pietro sarebbe stata più chiara traducendo "allargherai le tue mani".) Ogni vocazione cristiana comporta il dono della propria vita come testimonianza a Gesù ovvero la testimonianza a Gesù sotto la forma del dono della vita. E' questo quello che si matura all'interno del rapporto con il Signore. Se "non c'è amore più grande che dare la vita", se "un discepolo non è più grande del maestro", l'esito della nostra sequela non può essere diverso. Signore, aiutami a cercare la mia strada in dialogo con te, a percorrerla fidandomi di te, e a testimoniarti donando me stesso. All'offertorio: Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio sia per noi sorgente di amore, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente. Al Padre Nostro: Chiediamo al Padre che si faccia la sua volontà, che sappiamo percepire e realizzare il suo progetto: |