Omelia (09-07-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Matteo 9,18-26

Due dolori si incrociano, due storie, due pene che il Signore fa sue. Una ragazza morta, la figlia di Giairo, e una donna che ha perdite di sangue da dodici anni. Quest'ultima è considerata impura secondo le rigide prescrizioni rituali. Impura: non può toccare nessuno senza contaminarlo. Impura: non ha una vita affettiva, di relazioni, nessuno l'abbraccia, nessuno ha rapporti sessuali con lei. La sua vita è un abisso di solitudine e di sensi di colpa. Da dodici anni. Dodici, in Israele, è il numero delle pienezza, come i dodici mesi che compongono un anno. Il suo è un dolore perfetto. Trasgredisce la legge, con timore e cautela. Tocca il mantello del Maestro, con speranza e coraggio. E accade l'inverosimile: non è lei a contaminare il Signore, è lui che contamina lei e la purifica! Così come per la ragazza che, da morta, contamina chi la tocca: e invece il Signore la prende per mano e le restituisce la vita! Non è la morte a contagiare la vita, la tenebra a invadere la luce, ma è la vita che strappa al buio la ragazzina. Iniziamo la settimana in compagnia del Signore che ci strappa da ogni tenebra, da ogni morte, da ogni peccato, da ogni impurità. È lui che contamina noi, non viceversa. Lasciamoci toccare.