Omelia (14-07-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Matteo 10,24-33

Quando Matteo scrive il suo vangelo, probabilmente si sta già vivendo ciò che Gesù aveva predetto, senza grandi difficoltà profetiche vista l'aria che tirava! Dopo la rivolta giudaica e il successivo intervento di Roma, Gerusalemme viene distrutta e il tempio raso al suolo: la classe sacerdotale, fuggita in Galilea, raduna le forze rimaste e inveisce contro i romani e... contro i seguaci del Nazareno. Così, d'improvviso, quella che era considerata una costola della fede ebraica si vede espulsa dalla sana dottrina, proprio da quella classe sacerdotale e da quei farisei che tanto duramente erano stati contestati dalla predicazione di Gesù. I cristiani si ritrovano ad essere "scomunicati" dalla parte ufficiale del giudaismo e perseguitati dai romani, in quanto ebrei. Davanti a tale doppia catastrofe, le parole del Maestro e l'invito a non avere paura di chi può uccidere il corpo ma non l'anima, acquistano una attualità indesiderata. Anche noi, oggi, corriamo il rischio di subire qualche pressione o qualche presa in giro perché viviamo la fede con serietà e passione: non va di moda, oggi, essere cattolici. Se davvero viviamo il vangelo fino in fondo, ci può capitare di fare delle scelte non sempre capite o condivise...