Omelia (16-07-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Matteo 10,34 - 11,1

È fuoco la presenza di Dio. È una vampa divorante la sua esperienza. È devastante, intensa, destabilizzante la sua amicizia. Tutti i profeti ne hanno parlato, Gesù lo conferma. Credere non è una scelta rassicurante che tranquillizza le nostre presunte certezze. Credere è un incendio che divampa e cresce in noi, giorno dopo giorno. Cosa ha a che fare questa Parola con la visione tiepida della fede che ci rassicura? Cosa ha a che fare con la mediocrità delle nostre scelte? Invochiamo lo Spirito, allora, che davvero possa incendiare i nostri cuori d'amore. E questo fuoco ci spinge a non accettare inutili compromessi: come l'innamorato difende a spada tratta il suo amore e la sua amata, così l'incontro reale e intimo con Cristo ci porta a ridisegnare e ridimensionare ogni altra scelta. Quando Matteo scrive il tempio è già distrutto e la parte restante del giudaismo ha "scomunicato" i discepoli del Nazareno. Quella che era una costola della fede ebraica diventa un'eresia provocando grande sconcerto nelle famiglie. Ma più forte dei legami famigliari è la passione per il vangelo, e i discepoli, pur con grande dolore, non verranno meno alla loro fede, preferendola agli affetti.