Omelia (18-07-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Matteo 11,25-27

È tragicamente vero: le città ebraiche non hanno accolto il messaggio del Regno, non hanno gioito della presenza del Messia, non hanno riconosciuto in Gesù l'inviato di Dio. Gesù, con grande amarezza, deve riconoscere che il suo progetto sta fallendo: in Galilea le folle lo hanno seguito, ma spesso lo hanno fatto solo perché attratte dai miracoli straordinari che Gesù compie. E a Gerusalemme, la città che uccide i profeti, è ancora peggio: disincantata e tutta presa dagli imponenti lavori che coinvolgono il tempio, la capitale guarda con sufficienza questo Galileo e i capi dei sacerdoti temono la presenza di questo sobillatore. E Gesù guarda con sconforto a tale reazione, non sta succedendo come con Ninive che, secondo il racconto di Giona, si convertì alla predicazione del profeta... In questo orizzonte cupo lo Spirito allarga il cuore e lo sguardo del Signore: è vero, i sapienti e gli studiosi non lo hanno accolto, i religiosi non lo hanno riconosciuto, ma i piccoli e i disprezzati, quelli considerati "persi" dalla società e "dannati" dai benpensanti, invece, lo stanno accogliendo. Gesù loda il Padre, per la sua logica inattesa...