Omelia (25-04-2004)
don Elio Dotto
Strappare il velo

Sono davvero strani i discepoli di Gesù: almeno così ci pare leggendo i racconti evangelici della risurrezione. Il Vangelo di domenica (Gv 21,1-19) è emblematico: prima «i discepoli non si erano accorti che era Gesù»; poi «Simon Pietro si cinse ai fianchi il camiciotto e si gettò in mare». Prima sono distratti, confusi, e soprattutto avviliti per la pesca mancata; poi, improvvisamente, riconoscono il Signore, e ritrovano lo slancio perduto. Prima tornano a pescare sul mare di Tiberiade, pensando di non doversi aspettare più nulla di nuovo dopo la morte di Gesù; poi, di colpo, si accorgono che non tutto è perduto, e anche la rete si può ancora riempire di pesci...
Ma che cosa provocò questo cambiamento repentino? Che cosa avvenne di straordinario in quel tempo? I Vangeli descrivono questa rapida ed imprevista conversione raccontando l'incontro dei discepoli con Gesù risorto.
L'incontro con il Risorto non fu certo come quegli incontri della vita abituale dai quali si esce identici a come si era prima. Dall'incontro con il Risorto i discepoli uscirono cambiati. Non che fossero cattivi prima, ma erano increduli: ed era proprio l'incredulità che li aveva resi immobili e tristi, rassegnati al loro destino. Ebbene, il Risorto in quei giorni venne per guarirli dallo loro incredulità.
E dunque sulla riva del mare di Tiberiade non accadde soltanto qualcosa davanti ai loro occhi, qualcosa che poi non avrebbero saputo raccontare con chiarezza: ma accadde soprattutto qualcosa nel loro spirito. Ed essi compresero come esattamente questo accadimento interiore era ciò che soltanto contava. La presenza e il gesto esteriore di Gesù risorto si limitavano a strappare un velo: poi non erano più importanti. Strappato il velo, bastava ricordare i gesti e le parole di prima: e scoprire così che la morte non aveva potuto cancellare la notizia di speranza imparata alla scuola del Maestro.
Ecco, anche per noi sarebbe sufficiente che si strappasse il velo: pure per noi basterebbero i gesti e le parole di sempre se si strappasse il velo della nostra incredulità. E saremmo capaci di ritrovare la speranza anche attraverso quei gesti tentennanti e quelle parole confuse che a volte caratterizzano le nostre giornate.
Sì, basterebbero i gesti e le parole di sempre, se soltanto non pensassimo di aver già visto tutto e imparassimo invece a stupirci ogni giorno da capo, come fecero i discepoli in quel tempo sul mare di Tiberiade.