Omelia (04-08-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Matteo 14,1-12 I potenti hanno paura dei profeti, li considerano come gramigna, cercano di estirparne con violenza la presenza, smorzano la forza delle loro parole, li ostacolano in tutti i modi. Il pavido e inetto Erode Antipa, figlio del grande e crudele Erode, imita il padre nella ferocia, senza riuscirvi nel buon governo. È talmente incapace che Roma si riprenderà il controllo diretto della Giudea lasciandogli solo la Galilea, per poi inviarlo in esilio in Gallia. Come tutti i potenti usa la religione per il proprio tornaconto: poco gli importa di Dio e di fede, accoglie i profeti e i sacerdoti solo se non gli danno fastidio, se non gli creano imbarazzo. Anche il Battista, all'inizio, è ascoltato volentieri, come un fenomeno da baraccone, come succederà col Nazareno. Il potere si fa Dio di se stesso, non sa accogliere la vera profezia, è incapace di mettersi in discussione. Giovanni viene ucciso per una stupida sfida di una donna infastidita dal suo moralismo e per la paura di Erode di sfigurare davanti agli ospiti. Ma, ora che la pratica "Giovanni Battista" è archiviata, eccone spuntare un altro. È perplesso Erode, e fa bene ad esserlo. Dio continua a mandare profeti, sempre. |