Omelia (08-08-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Matteo 15,21-28 Spera in una guarigione, la donna cananea. Gli hanno detto che Gesù è un grande guaritore, qualcuno che opera miracoli straordinari. Non sa nemmeno cos'è la fede, non conosce la promessa di Israele, non si occupa di queste cose. Sa solo che Gesù potrebbe guarire la figlia e grida, sbraita, fa la sceneggiata sperando di intenerire questo straniero. Gli apostoli sono in imbarazzo tanta è la passione con cui lei cerca di attirare l'attenzione. Gesù, invece, non la degna di uno sguardo e, alla sua insistenza, dà una risposta tagliente: non va bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cani. Che durezza! Eppure questa durezza smuove la donna: ha ragione, il Maestro, passiamo il tempo lontani da Dio ma quando ci serve aiuto per un dolore improvviso, per una malattia, subito ci scopriamo devoti e sgraniamo giaculatorie. Siamo dei cani quando trattiamo Dio come un potente da corrompere e non meritiamo attenzione. Dio si deve occupare dei suoi figli, di coloro, cioè che lo ascoltano e lo servono con verità... Ma la donna non se ne va offesa e lo schiaffo in pieno volto la apre al confronto: sì, ha ragione il Maestro. Basta questo atteggiamento per far cambiare idea a Gesù... |