Omelia (13-08-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Matteo 17,22-27

Gesù vuole pagare la tassa del tempio, certo. Si scaglia contro il tempio, contro la gestione che ne fa la rinata classe sacerdotale, non è d'accordo col clima di esteriorità e superstizione che sta riducendo il tempio ad una gigantesca fabbrica di soldi. Ogni israelita è tenuto a pagare una tassa, un contributo annuale, come se non bastassero le imposte di Roma! Ma non importa: Gesù non è un anarchico, non vuole radere al suolo ma ricostruire, ridare speranza, trovare il significato profondo dei gesti e delle pratiche religiose. La Chiesa, comunità dei discepoli, nella storia ha assunto una configurazione, ha inventato lungo i secoli delle strutture che permettessero di annunciare il vangelo con libertà e di assolvere alla propria missione. Oggi, spesso, queste strutture hanno perso di significato e rischiano di essere solo un peso che grava sulle spalle dei pochi cristiani rimasti. Ma prendiamo a cuore anche l'aspetto concreto della vita parrocchiale: il tetto che perde, le spese del riscaldamento, le pulizie delle aule... Gesù non ha fatto lo snob, si è sporcato le mani, ha dato del suo, per sé e per Pietro, noi ci sentiamo migliori?