Omelia (11-09-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Luca 6,12-19

Da undici anni, ormai, questa data è diventata un triste ricordo, il simbolo di una battaglia senza fine anche se, ormai, ci siamo assuefatti alle tante, troppe guerre che ancora dilaniano il nostro mondo inquieto. Dio è stato nuovamente brandito come pretesto per contrapporre i popoli, per giustificare la follia omicida recondita del cuore dell'uomo. E la Parola illumina la nostra tenebra e propone come modello di convivenza il sogno di Dio che è la Chiesa. Dodici persone, simbolo della pienezza, dodici sono, infatti, i mesi dell'anno e le tribù di Israele, diverse fra loro per formazione, cultura e provenienza e che, pure, sanno stare insieme, aiutando Dio a sollevare l'umanità sofferente. In un mondo che tutto contrappone ed esaspera siamo chiamati, come discepoli, a proporre una vita nuova, un modo altro e alto di vivere, senza cedere alla tentazione della battaglia senza fine, senza fare della diversità un ostacolo. La Chiesa, anche la piccola e sgangherata comunità in cui mi trovo a vivere, è chiamata ad essere quel piccolo angolo di umanità nuova e riconciliata che contagia con la propria vita il mondo rissoso e inquieto...