Omelia (11-10-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Luca 11,5-13 Il Signore prende sul serio la nostra richiesta di insegnarci a pregare. Ci ha detto le parole, le ha messe sulle nostre labbra, a noi di calarle nel cuore. E poi ci spiega come dire, per fare in modo che le parole smuovano la nostra indifferenza, crescano in noi per renderci veramente discepoli. E insegna: dobbiamo pregare con insistenza, senza scoraggiamento, come fa quel tale che riceve la visita di un ospite e chiede aiuto ad un vicino. Dobbiamo pregare per gli altri, anzitutto, perché la preghiera sia manifestazione della nostra attenzione a chi ci sta attorno. Non chiede per sé, l'uomo della parabola, ma per l'amico. Dobbiamo pregare come chi sa di ottenere; come chi chiede cose buone ad un Padre, non ad un despota. È inutile una preghiera che si rivolge ad un potente da corrompere, inutile la preghiera di chi si inventa una relazione con Dio che non ha mai avuto, inutile e sterile perché cerca di piegare Dio alla propria volontà e non di lasciare che sia la sua volontà a illuminare la nostra preghiera. Chiediamo il bene, allora, ma chiediamo soprattutto di capire cosa è bene per noi, cosa veramente ci aiuta a crescere e a diventare figli... |