Omelia (15-10-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Luca 11,29-32

Siamo sempre a cercare segni, corriamo dietro all'ultimo veggente di turno, sfidiamo Dio a rispondere alle nostre provocazioni: se esisti, Signore, fa' che... Certo, crediamo, abbiamo fiducia, ci mancherebbe altro... Ma se il buon Dio gentilmente si adeguasse... Sono come noi, i contemporanei di Gesù, pensano di non avere bisogno di conversione, cosa vuole questo falegname che si è fatto profeta? Per cambiare opinione chiedono segni eclatanti. Non sono bastate le folle sfamate, e i lebbrosi guariti, né gli zoppi saltellare e i muti cantare. Dicerie, leggende, suggestioni... Serve ben altro per credere che quel galileo dimesso è proprio il Messia! E Gesù risponde, a loro e a noi: nessun segno, generazione incredula, solo quello di Giona. Sì, solo il segno di Giona, la banale predicazione del pavido e svogliato profeta, solo il richiamo generico al cambiamento. Niente di più, niente di diverso. È il nostro cuore che si deve aprire, non è Dio che deve alzare la posta. È il nostro sguardo che si deve aprire, non è Dio che deve dimostrare di essere la luce. Sbrighiamoci, amici, presto, corriamo. È questo il tempo della conversione, ci è necessaria, ci è urgente. Non abbiamo che dei pavidi Giona ad indicarci la strada.