Omelia (22-11-2012) |
Paolo Curtaz |
Commento su Luca 19,41-44 Ci strazia il pianto del Signore. Pianto dell'innamorato respinto, del portatore di buone notizie inascoltato, del profeta rifiutato. Piange, come piange il genitore che vede il figlio sprofondare nel demone della droga, come piange la sposa che si vede tradita, come piange il parroco che vede la sua chiesa svuotarsi inesorabilmente. Gerusalemme è troppo presa dal suo tempio per occuparsi delle cose di Dio. No, non se l'aspettava una reazione del genere, il Maestro. Era pronto a spiegare, a interloquire, ad accogliere, ma non al rifiuto ostile dei sacerdoti, non all'indifferenza della folla, non alla sufficienza di chi pensa di essere a posto. La profezia sulla città, probabile eco degli eventi storici che influenzano la redazione finale di Luca, manifesta la gravità della situazione. Il grandioso tempio che ha fatto rinascere la città, ancora in costruzione mentre Gesù predica, iniziato vent'anni prima della sua nascita e terminato poco dopo il 60 d.C. sarà distrutto dopo soli dieci anni. Ne valeva la pena? Anche noi: davanti agli eventi drammatici della storia, chiediamoci cosa è veramente importante. E sappiamoci amati fino alle lacrime. |