Omelia (29-11-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Luca 21,20-28

Le cupe pagine che stiamo leggendo in questa ultima settimana del tempo ordinario, pagine che usano un linguaggio "apocalittico" con immagini forti e tinte scure, risentono, molto probabilmente, della realtà che stanno vivendo le prime comunità cristiane quando Luca scrive la versione finale del suo splendido vangelo. Il tempio di Gerusalemme cade sotto l'assedio romano nel 72 d.C. ed è una vera devastazione. Qualche tempo prima, a Roma, Paolo e Pietro e molti cristiani bruciati vivi appesi alla croce hanno inaugurato, sotto Nerone, la tragica epoca delle persecuzioni... Tutto sembra perduto: dal punto di vista sociale e dal punto di vista religioso. La puntuale descrizione fatta da Luca, però fornisce una chiave di lettura particolare: il tempio è caduto perché sconsideratamente posto al centro dell'attenzione della fede di Israele. E le persecuzioni obbligano il discepolo ad alzare lo sguardo, a risollevarsi, a non lasciarsi andare. Possiamo leggere le tante tristi notizie che quotidianamente ci raggiungono dai media con insofferenza e disagio, fuggendo la realtà oppure, come sanno fare solo i cristiani, sapendo che queste sono le doglie del parto di un nuovo mondo che sta nascendo.